dpo data protection officer master

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dpo data protection officer master

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dpo data protection officer master

 

codice-atecoScopriamo insieme qualcosa su questa nuova figura ancora molto misteriosa. Stiamo parlando del “data Protection Officer” (detto anche DPO) introdotta dal Regolamento generale sulla protezione dei dati 2016/679 | GDP, .
In effetti il DPO, tanto misterioso non è poiché storicamente già presente in alcune legislazioni europee, è un professionista che h un ruolo aziendale (sia esso soggetto interno o esterno) con competenze giuridiche, informatiche, di risk management e di analisi dei processi. La sua responsabilità principale è quella di osservare, valutare e organizzare la gestione del trattamento di dati personali (e dunque la loro protezione) all’interno di un’azienda (sia essa pubblica che privata), affinché questi siano trattati nel rispetto delle normative privacy europee e nazionali.

Questo soggetto è già conosciuto nel mondo anglosassone con il termine di Chief Privacy Officer (CPO); Privacy Officer, Data Protection Officer o Data Security Officer.

Chi può nominare il DPO ?
Il Regolamento sulla Data Protection, entrato in vigore il 25 maggio 2016 si applicherà a tutti i 28 Stati membri UE a decorrere dal 25 maggio 2018, disciplina l’istituzione della figura del Data Protection Officer (in italiano Responsabile della protezione dei dati) nei seguenti casi:
a) il trattamento è effettuato da un’autorità pubblica o da un organismo pubblico, eccettuate le autorità giurisdizionali quando esercitano le loro funzioni giurisdizionali;

b) le attività principali del Titolare del trattamento o del Responsabile del trattamento consistono in trattamenti che, per loro natura, ambito di applicazione e/o finalità, richiedono il monitoraggio regolare e sistematico degli interessati sularga scala; oppure

c) le attività principali del Titolare del trattamento o del Responsabile del trattamento consistono nel trattamento, su larga scala, di categorie particolari di dati personali di cui all’articolo 9 (dati particolari | sensibili) o di dati relativi a condanne penali e a reati di cui all’articolo 10.

L’articolo 9 del Regolamento al comma 1 definisce quelli che sono le categorie particolari di dati personali (ex dati sensibili) ed in particolare i dati personali che: “rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona”.

Cosa farà il DPO ?
L’art. 39 del Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali elenca i principali compiti del DPO (Responsabile della protezione dei dati):

1. Il responsabile della protezione dei dati | DPO | è incaricato almeno dei seguenti compiti:

a) informare e fornire consulenza al Titolare del trattamento o al Responsabile del trattamento nonché ai dipendenti che eseguono il trattamento in merito agli obblighi derivanti dal presente regolamento nonché da altre disposizioni dell’Unione o degli Stati membri relative alla protezione dei dati;

b) sorvegliare l’osservanza del presente regolamento, di altre disposizioni dell’Unione o degli Stati membri relative alla protezione dei dati nonché delle politiche del Titolare del trattamento o del Responsabile del trattamento in materia di protezione dei dati personali, compresi l’attribuzione delle responsabilità, la sensibilizzazione e la formazione del personale che partecipa ai trattamenti e alle connesse attività di controllo;

c) fornire, se richiesto, un parere in merito alla valutazione d’impatto sulla protezione dei dati e sorvegliarne lo svolgimento ai sensi dell’articolo 35;

d) cooperare con l’autorità di controllo; e

e) fungere da punto di contatto per l’autorità di controllo per questioni connesse al trattamento, tra cui la consultazione preventiva di cui all’articolo 36, ed effettuare, se del caso, consultazioni relativamente a qualunque altra questione.

2. Nell’eseguire i propri compiti il responsabile della protezione dei dati considera debitamente i rischi inerenti al trattamento, tenuto conto della natura, dell’ambito di applicazione, del contesto e delle finalità del medesimo.
Quali sono i compiti del DPO? Che qualità ed esperienze deve possedere? Deve essere un dipendente o può essere nominato anche un soggetto esterno? Quali sono le conseguenze se non è nominato? È responsabile nei confronti dei terzi e/o degli interessati in caso di violazione del GDPR? E soprattutto, quando è obbligatorio?

Il Regolamento (UE) 2016/679 del 27 aprile 2016, più noto con l’acronimo inglese GDPR, oltre a prevedere un nuovo quadro giuridico in materia di data protection, fondato sul concetto anglosassone di accountability del Titolare, nonché un approccio basato sul rischio, ha introdotto una nuova figura, finora sconosciuta nel nostro ordinamento giuridico, il Data protection officer (DPO) o, all’italiana, Responsabile della protezione dei dati (RPD).
Ma quando è obbligatorio nominare un Data Protection Officer?

Quali sono i suoi compiti? Che qualità ed esperienze deve possedere? Deve essere un dipendente o può essere nominato anche un soggetto esterno? Quali sono le conseguenze se non è nominato? È responsabile nei confronti dei terzi e/o degli interessati in caso di violazione del GDPR?

Queste sono solo alcune delle tante domande che si pongono le aziende.

Quando è obbligatorio il Data protection officer
La designazione del DPO, ai sensi dell’art. 37, primo paragrafo, del GDPR, è obbligatoria in tre ipotesi:

se il trattamento di dati personali è effettuato da un’autorità pubblica o da un organismo pubblico,
quando le attività principali dell’organizzazione consistono in trattamenti che, richiedono il “monitoraggio regolare e sistematico” degli interessati “su larga scala”;
quando le attività principali dell’organizzazione consistono nel trattamento “su larga scala” di dati “sensibili” (rectius, “categorie particolari di dati”) o “giudiziari” (rectius, “dati personali relativi a condanne penali e reati”).
In pratica, laddove sia volta a soddisfare bisogni pubblici, anche una società per azioni (quindi dotata di personalità giuridica) interamente controllata da un ente pubblico territoriale , deve ricondursi nel novero degli organismi di diritto pubblico. E ciò in quanto può avere sostanza di diritto pubblico anche un organismo che rivesta forma di diritto privato: ciò che rileva, infatti, non è la veste giuridica, bensì “l’effettiva realtà interna dell’ente e la sua preordinazione al soddisfacimento di un certo tipo di bisogni, cui anche le imprese a struttura societaria sono in grado di provvedere”.

Nel settore privato, le “attività principali” di un’impresa riguardano le sue “attività primarie” e non comprendono i casi in cui il “trattamento dei dati personali” è solo un’“attività accessoria”. Con “attività principali” si possono, quindi, intendere le operazioni essenziali necessarie al raggiungimento degli obiettivi perseguiti dall’azienda.

Il Wp29 precisa che, tuttavia, l’espressione “attività principali” non va interpretata nel senso di escludere quei casi in cui il trattamento di dati, pur non costituendo attività principale, costituisce comunque una componente inscindibile dalle attività svolte. Ad esempio, l’attività principale di un ospedale è quella di prestare di assistenza sanitaria, ma non sarebbe possibile svolgerla nel rispetto della sicurezza e in modo efficace senza trattare dati relativi alla salute, come quelli contenuti nella cartella sanitaria di un paziente. Ne deriva che il trattamento di tali informazioni deve essere annoverato fra le attività principali di qualsiasi ospedale. Lo stesso dicasi per un’impresa di sicurezza privata incaricata della sorveglianza di più centri commerciali e aree pubbliche. L’attività principale dell’impresa consiste nella sorveglianza, ma questa, a sua volta, è legata in modo inscindibile al trattamento di dati personali. Ciò comporta che gli ospedali e le imprese di sorveglianza come quella prima descritta, secondo il WP29, sono tenuti a nominare un Data protection officer.

Attività quali il pagamento delle retribuzioni al personale o la predisposizione di strutture standard di supporto informatico, invece, pur essendo necessarie o essenziali, sono considerate solitamente accessorie e non “core activities”.

Monitoraggio regolare e sistematico

Il concetto di ‘monitoraggio regolare e sistematico’ degli interessati non è definito all’interno del GDPR. Tuttavia, il considerando 24 menziona il “monitoraggio del comportamento degli interessati” ricomprendendovi senza dubbio tutte le forme di tracciamento e profilazione su Internet, anche se, precisa il WP29, il tracciamento online va considerato solo uno dei possibili esempi di monitoraggio del comportamento degli interessati.

Sempre secondo il WP29, l’aggettivo “regolare” ha almeno uno dei seguenti significati:

che avviene in modo continuo ovvero a intervalli definiti per un arco di tempo definito;
ricorrente o ripetuto a intervalli costanti;
che avviene in modo costante o a intervalli periodici.
L’aggettivo “sistematico” ha almeno uno dei seguenti significati:

che avviene per sistema;
predeterminato, organizzato o metodico;
che ha luogo nell’ambito di un progetto complessivo di raccolta di dati;
svolto nell’ambito di una strategia.
Alcuni esempi di attività che possono configurare un monitoraggio regolare e sistematico di interessati secondo il WP29, fra gli altri, sono:

la gestione di una rete di telecomunicazioni,
la prestazione di servizi di telecomunicazioni;
il reindirizzamento di messaggi di posta elettronica (email retargeting);
attività di marketing basate sull’analisi dei dati raccolti;
profilazione e scoring per finalità di valutazione del rischio (per esempio, a fini di valutazione del rischio creditizio, definizione dei premi assicurativi, prevenzione delle frodi, accertamento di forme di riciclaggio);
tracciamento dell’ubicazione, ad esempio da parte di app su dispositivi mobili
programmi di fidelizzazione;
pubblicità comportamentale;
monitoraggio di dati relativi allo stato di benessere psicofisico, alla forma fisica e alla salute attraverso dispositivi indossabili;
utilizzo di telecamere a circuito chiuso;
dispositivi connessi quali contatori intelligenti, automobili intelligenti, dispositivi per la domotica, etc.
Larga scala

Nel Regolamento non si rinviene nemmeno una definizione di trattamento “su larga scala”. Il considerando 91 fornisce alcune indicazioni, ritenendo su larga scala trattamenti “di una notevole quantità di dati personali a livello regionale, nazionale o sovranazionale e che potrebbero incidere su un vasto numero di interessati e che potenzialmente presentano un rischio elevato” e precisando che, d’altra parte, “non dovrebbe essere considerato un trattamento su larga scala” il trattamento di “dati personali di pazienti o clienti da parte di un singolo medico, operatore sanitario o avvocato” [3].

Lo stesso WP29 mette in rilievo che si tratta comunque di esemplificazioni ai due estremi della scala (trattamento svolto dal singolo medico/trattamento di dati relativi a un’intera nazione o a livello europeo) e che fra tali estremi si colloca un’ampia zona grigia. Non esistendo, al momento, standard utili a specificare il concetto e le relative soglie applicabili, il WP29 raccomanda di tenere conto dei seguenti fattori al fine di stabilire se un trattamento sia effettuato su larga scala:

il numero di soggetti interessati, in termini assoluti ovvero espressi in percentuale della popolazione di riferimento;
il volume dei dati e/o le diverse tipologie di dati oggetto di trattamento;
la durata, ovvero la persistenza, dell’attività di trattamento;
la portata geografica dell’attività di trattamento.
Esemplificazioni di trattamento su larga scala, sono, a titolo non esaustivo, secondo il WP29:

trattamento di dati relativi a pazienti svolto da un ospedale nell’ambito delle sue ordinarie attività;
trattamento di dati relativi agli spostamenti di utenti di un servizio di trasporto pubblico cittadino (per esempio, il loro tracciamento attraverso titoli di viaggio);
trattamento di dati di geolocalizzazione raccolti in tempo reale per finalità statistiche da un responsabile specializzato nella prestazione di servizi di questo tipo rispetto ai clienti di una catena internazionale di fast food;
trattamento di dati relativi alla clientela da parte di una compagnia assicurativa o di una banca nell’ambito delle ordinarie attività;
trattamento di dati personali da parte di un motore di ricerca per finalità di pubblicità comportamentale;
trattamento di dati (metadati, contenuti, ubicazione) da parte di fornitori di servizi telefonici o telematici.
In virtù di quanto sopra, per verificare se sono o meno soggette all’obbligo di nominare un Data protection officer ai sensi dell’art. 37, par. 1, lett. b), le imprese dovranno valutare:

se le attività di trattamento dalle stesse effettuate, per loro natura, ambito di applicazione e/o finalità, richiedono un “monitoraggio regolare e sistematico” degli interessati;
in caso affermativo, se tale monitoraggio è effettuato “su larga scala”;
se tale monitoraggio si può considerare “attività principale”.
Vediamo come applicare questi criteri (vaghi e indeterminati, come abbiamo detto) in concreto con un esempio pratico: una multiutility nei settori idrico, energetico e gas con diversi milioni di utenti in svariati comuni di alcune regioni italiane, monitora in maniera costante e regolare i consumi dei propri utenti, consente loro di effettuare l’autolettura a distanza, in automatico, dei consumi di acqua, luce, gas e fornisce servizi web di analisi dei consumi. A prescindere dall’applicabilità del criterio di cui all’art. 37, primo paragrafo, lett. a), è sostenibile che tale società effettui un’attività di monitoraggio degli interessati in maniera regolare e sistematica in base all’interpretazione di tali aggettivi fornita dal WP29 e che il trattamento di dati dalla stessa effettuato, dato il numero di soggetti coinvolti, la quantità di dati trattati, la durata e l’estensione geografica delle attività di trattamento, si possa anche considerare, ai sensi del considerando 91, un trattamento di “una notevole quantità di dati personali a livello regionale” e, quindi, su “larga scala”. Per quanto concerne l’ultima caratteristica, l’“attività principale” svolta da tale società non è il trattamento dei dati personali dei propri utenti, ma la fornitura di servizi pubblici. Bisogna quindi valutare se sia possibile erogare efficacemente tale servizi senza trattare dati personali. Fra gli esempi riportati dal WP29 non è ricompresa espressamente l’ipotesi di società che forniscono un tale tipo di servizi, ma non si può escludere che la rilevazione costante dei consumi possa essere ritenuta necessaria per erogare tali servizi o legata in modo inscindibile all’attività principale della società. Appare opportuno, pertanto, che tale società nomini un DPO.

Trattamento “su larga scala” di categorie particolari di dati o di dati relativi a condanne penali e a reati
La nomina del Data protection officer è obbligatoria anche nel caso in cui le attività principali di un organizzazione consistono nel trattamento, su larga scala, di “categorie particolari di dati” ai sensi dell’art. 9 del GDPR (e cioè dati personali idonei a rivelare l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché i dati genetici, i dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, i dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona) o di “dati relativi a condanne penali e a reati” ai sensi dell’art. 10 del GDPR, considerati dall’ordinamento meritevoli di maggior tutela.

La nomina volontaria del Data Protection Officer
Il WP29 incoraggia comunque la nomina del Data protection officer, anche quando il GDPR non la richiede espressamente.

Bisogna tener conto che, in caso di designazione di un DPO su base volontaria, si applicheranno comunque gli stessi requisiti previsti dal GDPR sulla sua designazione, ruolo e compiti (che descriveremo nel prossimo articolo), come se la nomina fosse stata obbligatoria.

Il WP29 precisa in ogni caso che un ente che non è obbligato a nominare il Data protection officer e non desidera nemmeno farlo su basi volontarie, può comunque utilizzare staff o consulenti esterni con compiti relativi al trattamento dei dati personali che però, per evitare confusione, non devono essere qualificati come DPO.

 

 


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