Enti no profit caratteristiche

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Enti no profit caratteristiche

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Delle No Profit se ne parla molto, per molteplici caratteristiche ognuno di noi conosce qualcuno che ha deciso di costituire un’associazione per fare questo o per fare quello; c’è chi addirittura progetta di costituire una ONLUS  per suonare nei locali e via dicendo.

Ma quanti sanno cosa effettivamente sia un Ente no profit ovvero cosa comporti il non lucrare su una qualsiasi attività che si intende esercitare e che possiede le caratteristiche necessarie affinché si possa parlare di attività sena fine di lucro?

I requisiti da soddisfare sono molteplici e soprattutto vanno ben capiti, analizzati e gestiti fin dall’atto costitutivo ovvero il primo passo verso la costituzione.

Prima di addentrarci  in quella che Dante chiamerebbe una Selva Oscura, ricca di insidie e trabocchetti  vediamo alcuni punti salienti che costituiscono i principi base, le fondamenta per meglio comprendere questo particolare settore:

A) divieto di distribuzione degli utili Qualsiasi Ente per ritenersi Non Commerciale, Senza Scopo di Lucro o No Profit deve contenere nel proprio statuto l’obbligo di destinazione di utili più o meno caratterizzato da queste parole: ““È fatto divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge“.

B) Obbligo di devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento. Altro obbligo importantissimo da comprendere in quanto ““La Società si fa obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalita? analoghe o ai fini di pubblica utilita?, sentito l’organismo di controllo (se costituito) di cui all’articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge.

E’ quindi importante premettere che in caso di scioglimento l’eventuale patrimonio sarà distribuito tra gli associati.

CIl principio di non temporaneità del vincolo associativo vale a dire che quando si effettua uan richiesta per diventare socio di una associazione e che la domanda è stata accettata (con conseguente verbale nominale inserito a Libro Verbali e il nominativo inserito a Libro Soci) si diventa soci a vita e non si deve rifare ogni anno la domanda di ammissione ma solo pagare la quota annuale: nello statuto va inserito:  “È esclusa espressamente la temporaneita? della partecipazione alla vita associativa“. “Il rapporto associativo ha durata di un esercizio sociale e si rinnova tacitamente di anno in anno se non intervengono le cause di perdita della qualita? di Associato di cui all’art. 5. (…) La decadenza discende automaticamente dal mancato pagamento per un esercizio del contributo associativo diIl mancato pagamento del contributo annuale e? causa di decadenza dell’Associato dal rapporto associativo.

  1. La negazione del principio di voto singolo: Nelle Associazioni No profit  vale il principio una testa è uguale a un voto e questo viene sancito dall’articolo 2538 comma 2 del Codice Civile.
  2. L’obbligo di approvazione del Rendiconto di gestione da parte dell’Assemblea dei Soci entro 4 mesi dalla chiusura dell’anno sociale.
  3. La clausola di intrasmissibilità e non rivalutabilita? della quota o contributo associativo (ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte).
  4. Il diritto di voto degli associati per le modifiche allo Statuto.

A questo punto abbiamo ben capito che gli Enti  no-profit, a differenza delle imprese, si caratterizzano per il fatto che l’attività svolta non è a scopo di lucro.  Il lucro costituisce un elemento fondamentale di distinzione e caratterizza la vera natura delle due realtà; inoltre la normativa concede agevolazioni e diritti speciali per gli Enti No profit proprio perché l’attività delle stesse è legata a una sorta di volontariato nell’ambito del settore dell’attività esercitata e non con carattere commerciale.

Vediamo uno specchietto delle principali differenze :

PROFIT NO-PROFIT
 

Si costituiscono solo mediante atto notarile, in quanto la legge impone che il loro atto costitutivo abbia la natura di atto pubblico.

 

Si costituiscono mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata o registrata.

 

I soci sono tali in quanto detengono quote azionarie della società.

 

I soci possono essere fondatori – i firmatari dell’atto costitutivo – o effettivi – coloro che svolgono attività sportiva all’interno dell’Associazione -.

 

 

Lo scopo, in questo caso lucrativo, è volto alla trasformazione di materie prime o semilavorati per ottenere prodotti finiti da vendere ad altri operatori commerciali o agli utilizzatori finali.

 

Lo scopo, non lucrativo, è quello evidenziato dall’atto Costitutivo in conformità all’attività realmente svolta.

 

Si ha la distribuzione degli utili, in parte mediante accantonamento a riserve menzionate nello Statuto e la parte restante destinata agli azionisti.

 

Si ha il divieto di distribuire gli eventuali utili utilizzandoli per un eventuale forma di autofinanziamento.

 

Secondo principi civilistici sono obbligate a redigere il Bilancio d’esercizio; secondo principi contabili sono tenute a redigere anche il rendiconto finanziario.

 

La redazione del Bilancio sostituisce l’obbligo di redigere un rendiconto finanziario ed economico.

 

 

In caso di liquidazione o fallimento l’azienda è affidata ai liquidatori, i quali hanno il compito di pagare la maggior parte dei crediti rimasti sospesi.

 

In caso di scioglimento il patrimonio deve essere devoluto ad un altro ente associativo con le stesse finalità.

 

Pochi sono i vantaggi di cui usufruiscono per quanto riguarda la normativa fiscale.

 

Innumerevoli sono i vantaggi fiscali di cui suddetti enti possono godere, con particolare riferimento alle O.N.L.U.S.

Ma anche gli Enti no profit hanno caratteristiche e particolarità che contraddistinguono le varie situazioni

Possiamo infatti distinguere diverse fattispecie:

Le Associazione non riconosciute

Sono disciplinate dagli artt. 36 e seguenti del Codice Civile.
Le Associazioni in parola vengono definite “non riconosciute” in quanto sono prive di personalità giuridica.
Sebbene la legge consenta di dare vita ad un’Associazione non riconosciuta anche per mezzo di un semplice accordo verbale, la pratica invalsa, ed intuibili ragioni di funzionalità, fanno sì che l’Associazione non riconosciuta si costituisca, di regola, a mezzo di un atto scritto (contratto di associazione ), basato su due principali componenti:

  1. l’atto costitutivo, che dà vita all’associazione identificandone e fissandone gli elementi di avvio e di riferimento;
  2. lo statuto, destinato a regolare il funzionamento a regime dell’associazione.

Il contratto associativo non richiede forme particolari. È sufficiente una scrittura privata semplice, senza la necessità di ricorrere all’intervento di un notaio; non occorre che essa contenga specifici elementi, se non quelli richiesti dalla normativa fiscale .

Le caratteristiche strutturali di un’Associazione non riconosciuta possono essere così elencate:

  1. una forma di aggregazione aperta all’incremento od al ricambio degli associati (cosiddetta “struttura aperta”). Gli associati, teoricamente, potrebbero avere diritti ed oneri diversi tra loro (ad esempio, in relazione all’entità dei contributi da versare, ai diritti di voto, ecc.); ma è preferibile che si stabilisca tra loro parità di diritti e doveri. Si consideri oltretutto che detta parità, in linea generale o specifica, è un requisito richiesto per godere di determinate agevolazioni fiscali;
  2. autonomia patrimoniale – sia pure limitata – rispetto alle sfere patrimoniali dei singoli associati e ad eventuali creditori personali dei medesimi, che si sostanzia nel concetto di “fondo comune” ;
  3. attività finanziata primariamente con i contributi degli associati, ma anche con donazioni od erogazioni di terzi; oppure, ancora, con (limitate) attività di natura commerciale;
  4. delega della gestione associativa ad una o più persone fisiche, generalmente elette dall’assemblea degli associati per limitati periodi di tempo, oppure designate in sede di costituzione;
  5. estinzione per:
    • scadenza del termine di durata eventualmente fissato dallo statuto;
    • deliberazione dell’assemblea degli associati (ove esistente);
    • il venir meno di tutti gli associati;
  6. in ogni caso, gli eventuali residui attivi della liquidazione non potranno essere ripartiti tra gli associati superstiti, ma dovranno essere devoluti (a fini non lucrativi) per gli scopi eventualmente previsti dallo statuto; oppure – in mancanza dei medesimi – a quelli determinati dalla pubblica autorità.

Le associazioni riconosciute

Le Associazioni Riconosciute, previste e disciplinate dagli artt. 14-24 del Codice Civile, devono:

  • costituirsi con atto pubblico;
  • chiedere ed ottenere il riconoscimento della personalità giuridica;
  • risultare di conseguenza iscritte negli appositi registri previsti dalla legge.

Il riconoscimento della personalità giuridica, come principale conseguenza, assicura il beneficio della limitazione della responsabilità al patrimonio associativo.

La possibilità di acquisto di beni immobili da parte delle Associazioni Riconosciute è ulteriore e diretta conseguenza delle modalità di costituzione e dell’acquisizione della personalità giuridica.
Le fondazioni

Per le Fondazioni, disciplinate dagli articoli dal 14 al 35 del Codice Civile, valgono le medesime regole di riconoscimento esaminate per le Associazioni Riconosciute. Esse si costituiscono per atto pubblico o per disposizione testamentaria.

La particolare struttura di questi enti non rende infatti necessaria l’esistenza o la permanenza, al loro interno, del soggetto o dei soggetti “fondatori”.

La struttura giuridica della Fondazione non prevede la figura del socio (od associato, od altre figure assimilabili).
Il metodo ordinario con cui si costituisce una Fondazione è quello del lascito, da parte di uno o più fondatori, di un patrimonio vincolato al perseguimento di determinati scopi non lucrativi, che saranno non tanto mutualistici, quanto piuttosto di matrice sociale, culturale, solidaristica.
I comitati

Il Codice Civile non descrive in dettaglio la nozione di Comitato.

Il Comitato può essere definito come un ente, generalmente senza personalità giuridica, costituito da un ristretto numero di persone che si propongono la raccolta di fondi necessari a realizzare una determinata iniziativa.

I principali elementi qualificanti del Comitato possono essere così identificati:

  1. struttura chiusa del rapporto. Il Comitato si propone il raggiungimento del proprio scopo contando sull’opera di coloro che vi hanno dato vita, i cosiddetti “promotori”, i quali commisureranno le possibilità di successo del Comitato ai fondi che saranno stati in grado di raccogliere;
  2. scopo: deve essere non “interno” (ovvero “mutualistico”, a vantaggio dei membri dell’organizzazione), ma con preminente rilevanza “esterna”;
  3. durata: di regola i Comitati nascono per il varo di una iniziativa e si estinguono una volta realizzata la medesima, o preso atto dell’impossibilità di realizzarla;
  4. patrimonio: si costituisce non già attraverso apporti monetari dei fondatori e membri del Comitato (i quali, peraltro, potrebbero limitare il loro apporto all’opera prestata), ma attraverso i contributi di soggetti esterni all’ente (sottoscrittori), che ritengono di sostenerne il programma;
  5. disciplina della responsabilità: rispondono personalmente e solidalmente tutti i membri del Comitato.

La trasformazione di associazioni e fondazioni

La riforma societaria, in vigore dal 1 gennaio 2004, ha innovato profondamente le ipotesi di cambiamento della forma giuridica delle imprese.

Tra le varie modifiche apportate è stata prevista anche la possibilità della cosiddetta “trasformazione eterogenea”, che riguarda il passaggio da soggetti societari a soggetti differenti o viceversa.
Più in particolare, con riferimento agli enti esaminati nel presente opuscolo, sono state disciplinate la trasformazione eterogenea da società di capitali (art. 2500 – septies del codice civile) e quella in società di capitali (art. 2500 – octies).

La prima consente tra l’altro di passare da una società di capitali (ad esempio spa o srl) ad una associazione non riconosciuta o ad una fondazione, mentre la seconda disciplina (ugualmente assieme ad altri casi) la trasformazione in società di capitali di associazioni riconosciute e di fondazioni.
È da rilevare che non è prevista la possibilità di trasformare in società di capitali una associazione non riconosciuta, la quale conseguentemente prima di procedere alla trasformazione deve acquisire la personalità giuridica.

Coerentemente con l’innovazione introdotta in materia societaria anche le nuove disposizioni che hanno modificato dall’inizio del corrente anno la normativa sulle imposte sui redditi hanno provveduto a disciplinare gli aspetti fiscali relativi alla trasformazione eterogenea (art. 171 Testo Unico Imposte sui Redditi).


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