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bando marchi storici 2016 – 2017

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Bando marchi storici 2016 – 2017

Importante occasione per la valorizzazione e finanziamento dei marchi storici di aziende italiane arriva dal Ministero dello Sviluppo Economico e permette  contributi fino all’80% per la valorizzazione di Marchi a condizione che siano stati depositati prima del 1 gennaio 1967. Al via le domande dal 4 aprile 2017

Finalmente una valida opportunità per rilanciare e rivalutare in questo modo aziende che hanno contribuito alla storia dell’imprenditoria itataliana. Fra le attività agevolabili rientrano l’estensione del marchio all’estero, la registrazione del marchio per ulteriori prodotti e servizi, l’assistenza legale in caso di contraffazione, le sorveglianze e le ricerche di anteriorità. Prerequisito essenziale è la registrazione del marchio  presso l’UIBM o presso l’EUIPO con rivendicazione della preesistenza del marchio registrato presso l’UIBM, non estinti per mancato rinnovo o decadenza; la domanda di primo deposito presso l’UIBM deve essere  antecedente il 01/01/1967.
Il bando si pone l’obiettivo di accrescere il valore dei marchi nazionali, esaltando la storia e cultura d’impresa del nostro Paese, attraverso la concessione di agevolazioni rivolte a micro, piccole e medie imprese.
Sono ammesse domande mirate alla realizzazione di un progetto finalizzato al rilancio ed alla valorizzazione produttiva e commerciale del marchio.
Le agevolazioni saranno orientate all’acquisto di servizi specialistici esterni e di beni strumentali ad uso produttivo correlati alla realizzazione del progetto di valorizzazione del marchio che deve riguardare prodotti/servizi afferenti l’ambito di protezione del marchio stesso con riferimento alle classi di appartenenza dei prodotti/servizi per le quali esso risulta registrato.
I contributi sono concessi  a fondo perduto in conto capitale in misura massima pari all’80% delle spese ammissibili per l’acquisizione di servizi specialistici e del 50% per l’acquisto di macchinari, attrezzature e software.
Ciascuna impresa può presentare più richieste di agevolazione aventi ad oggetto – ognuna di esse – un diverso marchio, come individuato al punto 6 del Bando, fino al raggiungimento dell’importo massimo dell’agevolazione, per impresa, di Euro 120.000,00 (centoventimila).
Le risorse disponibili ammontano complessivamente a Euro 4.500.000,00.
Le domande partono  dalle ore 9.00 del 4 aprile 2017.

  • I progetti devono prevedere obbligatoriamente una Fase 1 di “Valorizzazione produttiva e commerciale del marchio”, mentre è facoltativa la Fase 2 di “Servizi di supporto al rafforzamento del marchio” fra i quali l’estensione del marchio a livello comunitario e internazionale, la registrazione dello stesso marchio in ulteriori classi di prodotti o servizi, l’assistenza legale contro la contraffazione, le sorveglianze e le ricerche di anteriorità.

FASE 1 – Valorizzazione produttiva e commerciale del marchio: importo massimo 65 mila euro

Importo massimo in euro
Realizzazione di prototipi e stampi 40.000
Acquisto di macchinari e attrezzature 30.000
Consulenza tecnica finalizzata all’ammodernamento ed efficientamento catena produttiva 15.000
Consulenza specializzata approccio al mercato 5.000

FASE 2 – Servizi di supporto al rafforzamento del marchio: importo massimo 15 mila euro

Importo massimo in euro
Consulenza per attività di sorveglianza mondiale
Sorveglianza marchio fino a 3 classi 1.000
Sorveglianza marchio oltre 3 classi 1.300
Consulenza legale per la tutela da azioni di contraffazione 5.000
Consulenza per la realizzazione di ricerche di anteriorità
Ricerca di anteriorità tra i marchi italiani, comunitari e internazionali estesi all’Italia 550
Ricerca di anteriorità UE (28 paesi) 1.000
Ricerca di anteriorità per ciascun paese non UE 800
Tasse di deposito UIBM/EUIPO/OMPI Fino all’80% delle spese (entro limiti importo max.)
Assistenza per il deposito 300

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regione lazio finanziamenti: fondo futuro

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Regione Lazio finanziamenti: fondo futuro

Ancora pochi giorni per accedere; la Regione Lazio eroga i suoi fondi  per finanziamenti attraverso il fondo Futuro.

C’è tempo fino al 14 ottobre 2016  ed è richiedibile dalle piccole e medie imprese come  microcredito e la microfinanza. Attenzione: il finanziamento non avviene attraverso istituti di credito bancario ma con accesso diretto  ai  35 milioni di euro  stanziati e messi a disposizione dal Fondo Sociale Europeo 2007-2013 con un tasso super agevolato dell’1% e rimborsabile in 7 anni.

Si tratta di una vera e propria boccata d’ossigeno prevista per le imprese che vogliano investire in progetti che avranno come obiettivo l’incremento del reddito futuro.

Attenzione: il fondo è disponibile solo per reali progetti di investimento con esclusione di liquidità, pagamento fornitori, dipendenti etc.

I richiedenti dovranno essere costituiti e operativi ma potranno accedere anche  microimprese costituende o costituite e titolari di partita IVA, con difficoltà di accesso al credito bancario ordinario per finanziare progetti di autoimpiego, avvio di nuove imprese o la realizzazione di nuovi progetti promossi da imprese esistenti.

A chi si rivolge il programma?

  • microimprese, in forma di società cooperative, società di persone e ditte individuali, costituite e già operanti, ovvero in fase di avvio di impresa che abbiano o intendano aprire sede operativa nella regione Lazio;ù
  • soggetti titolari di partita IVA, anche non iscritti ad albi professionali, con domicilio fiscale nella regione Lazio. Sono escluse le società di capitali e i soggetti che negli ultimi cinque anni presentino “anomalie bancarie” .

finanziamenti-aziende-in-crisiModalità di accesso al finanziamento: I richiedenti dovranno presentare un progetto che sarà valutato e se ritenuto idoneo beneficerà di un prestito di importo compreso tra 5.000 e 25.000 euro, da restituire al tasso di interesse dell’1%, con una durata da definire caso per caso e comunque non oltre gli 84 mesi, incluso l’eventuale preammortamento. Sono ammissibili le spese relative al progetto presentato, che andrà realizzato entro 12 mesi dall’ottenimento del prestito.

In pratica la Regione istituirà un apposito conto corrente intestato all’impresa richiedente ma che sarà bloccato fino alla presentazione della fattura del fornitore relativa alla fase del progetto specificato nel bando; in quel momento verrà sbloccato l’importo che sarà bonificato direttamente al fornitore del servizio.

Per consultare il bando e per tutte le informazioni cliccare  qui

Questo finanziamento è davvero un progetto innovativo  perché permette l’accesso al credito a tutte le imprese senza garanzia personali e a un tasso dell’1% a tutte quelle piccole e nuove imprese che per il sistema attuale non sono bancabili, ovvero non potrebbero ottenere in alcun modo un accesso al credito per avviare o sostenere un progetto imprenditoriale ed è targato Bruxelles.

In questo modo le aziende potranno rinnovarsi e guardare al futuro,  accrescere la produttività, innalzare i livelli occupazionali favorendo l’autoimpiego anche attraverso la costituzione di una società cooperativa o l’avvio di nuove imprese; l’accesso è consentito anche a imprese individuali titolari di partita Iva anche non iscritti ad albi professionali.


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bando life 2016 ( life 2014-2020)

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bando-life-2016LAZIO: bando life 2016 ( life 2014-2020 ) per tutti i contributi ai progetti imprenditoriali integrati.

Al via il bando Life 2016 progetto Life 2014-2020 con l’obiettivo di favorire la riqualificazione settoriale, lo sviluppo delle filiere e quello di rafforzare la competitività del tessuto produttivo laziale, attraverso il sostegno di progetti imprenditoriali realizzati da imprese, singole e associate.
Sono previsti progetti semplici presentabili da  PMI e liberi professionisti che prevedono un piano di investimento materiale e immateriale e progetti integrati aperti anche organismi di ricerca, composti da uno o più piani di investimento e/o attività.

I settori ammissibili sono quello Farmaceutico; Biomedicale: E-Health; Benessere/Wellbeing e  Agroalimentare.

Previsti progetti semplici ovvero progetti imprenditoriali che devono prevedere un piano di investimento materiale e immateriale anche integrato  da investimenti in efficienza energetica ovvero da attività per l’internazionalizzazione oppure attività per la digitalizzazione. I progetti semplici possono presentare un importo complessivo di spese ammissibili non inferiore a 50.000,00 euro e non superiore a 500.000 euro e  possono essere presentati da PMI e liberi professionisti, esclusivamente in forma singola.

Previsti anche progetti integrati cioè progetti Imprenditoriali composti da uno o più piani di investimento oppure attività. I progetti integrati possono essere composti da:

  • una o più attività RSI;
  • un piano di investimenti materiali e immateriali, derivanti anche da risultati di una preesistente attività di ricerca;
  • attività per l’internazionalizzazione;
  • attività per la digitalizzazione;
  • investimenti in efficienza energetica;
  • spese per consulenze strumentali alla realizzazione del progetto Imprenditoriale.

Omino finestraI progetti integrati possono presentare un importo complessivo di spese ammissibili non inferiore a 500.000,00 euro oppure, se composti da sole Attività RSI, un importo complessivo di spese ammissibili non inferiore a  200.000,00 euro. Ogni singolo progetto integrato non potrà complessivamente beneficiare di un finanziamento superiore a euro 3.000.000,00.

I beneficiari sono le imprese, i liberi professionisti, in forma singola; le imprese e liberi professionisti anche in collaborazione con un organismo di ricerca e diffusione della conoscenza, le aggregazioni temporanee, con eventuale presenza di organismi di ricerca e di diffusione della conoscenza.

Previsto un contributo a fondo perduto fino al 70% e secondo la tabella differenziata per attività.

Le domande per i progetti semplici sono presentabili dall’11 ottobre 2016 e fino il 13 dicembre 2016,  mentre per i progetti integrati la decorrenza è  dal 4 ottobre 2016 e fino al 3 novembre 2016.

Il programma Life è un programma europeo che finanzia progetti per l’Ambiente, tra le prioritá progetti volti alla tutela della natura, della biodiversitá, del  Clima e al sostegno all’Economia Circolare.

attraverso il programma Life ci si pone l’obiettivo di :

  • contribuire al passaggio verso un’economia efficiente in termini di risorse, con minori emissioni di carbonio e resiliente ai cambiamenti climatici,
  • contribuire alla protezione e al miglioramento dell’ambiente e all’interruzione e all’inversione del processo di perdita di biodiversità, compresi il sostegno alla rete Natura 2000 e il contrasto al degrado degli ecosistemi;
  • migliorare lo sviluppo, l’attuazione e l’applicazione della politica e della legislazione ambientale e climatica dell’Unione,
  • catalizzare e promuovere l’integrazione e la diffusione degli obiettivi ambientali e climatici nelle altre politiche e nella pratica nel settore pubblico e privato, anche attraverso l’aumento della loro capacità;
  • miglioramento della governance ambientale a tutti i livelli, compresa una maggiore partecipazione della società civile, delle ONG e degli attori locali;
  • sostenere maggiormente la governance ambientale e in materia di clima a tutti i livelli;
  • sostenere l’attuazione del Settimo programma d’azione per l’ambiente “Vivere bene entro i limiti del nostro pianeta”

Ai richeidenti ( enti pubblici, enti privati e organizzazioni senza scopo di lucro comprese le ONG)  si possono aggiungere come partner del progetto beneficiari associati e co-finanziatori

Previsto  un tasso di cofinanziamento che può arrivare fino al 75% solo sulle  proposte LIFE Natura e Biodiversità che si concentrano sulla conservazione e azioni per specie prioritarie o tipi di habitat delle direttive Uccelli e Habitat.

 Il programma é suddiviso il 2 sottoprogrammi:
Il Sottoprogramma Ambiente prevede tre settori di azione prioritari:
• Ambiente ed uso efficiente delle risorse
• Natura e Biodiversità
• Governance ambientale e informazione in materia ambientale.
Il Sottoprogramma Azione per il Clima prevede tre settori prioritari:
• Mitigazione dei cambiamenti climatici
• Adattamento ai cambiamenti climatici
• Governance e informazione in materia di climatica

La data di presentazione della domanda per l’ambiente varia a seconda del sottoprogramma:
7 settembre 2016 per il sottoprogramma “Clima”
12 settembre 2016 per “Uso efficiente delle risorse”
15 settembre 2016 per “Natura e Biodiversità” e “Governance ambientale”


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programma operativo regionale fesr lazio 2014-2020

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Lazio: programma operativo regionale fesr lazio 2014-2020 Mobilità sostenibile e intelligente, Domande di contri-buto fino al 20 ottobre 2016.

Approvato dalla  Regione Lazio l’Avviso pubblico “Mobilità soste-nibile e intelligente” (POR FESR Lazio 2014-2020, Asse I – Ricerca e innovazione e Asse 3 – Competitività) con la finalità di rafforzare la competitività del tessuto produttivo laziale attraverso il sostegno di Progetti Imprenditoriali innovativi realizzati da imprese, singole e associate.
Obiettivo i settori l’automotive, la logistica e i trasporti per una mobilità sostenibile e intelligente.
ammissibili tutti i progetti imprenditoriali che rispettano le caratteristiche indicate e che rientrano in una delle categorie previste ovvero:

progetti  semplici: cioè progetti imprenditoriali che prevedono  un piano di Investimento materiale e immateriale, che può essere integrato  da investimenti in efficienza energetica oppure da attività di internazionalizzazione.
I progetti semplici possono presentare un importo complessivo di Spese Ammissibili non inferiore a 50.000,00 Euro e non superiore a 500.000,00 euro, presentati da PMI o liberi professionisti e devono essere realizzati entro 12 mesi dalla data di concessione dell’agevolazione.
Progetti integrati: si riferiscono ai progetti imprenditoriali composti da uno o più piani di investimento o attività.
I progetti integrati possono presentare un importo complessivo di spese ammissibili non inferiore ad euro 500.000,00, oppure, se composti da sole Attività RSI, un importo complessivo di spese ammissibili non inferiore ad Euro 200.000,00.
Ogni singolo progetto integrato non potrà complessivamente beneficiare di una Sovvenzione superiore a Euro 3.000.000,00.

Le domande per i progetti semplici, prevedono la procedura “a sportello” dal 27 settembre 2016 fino al 29 novembre 2016 mentre per i progetti integrati prevista la procedura “a graduatoria” dal 20 settembre 2016 e fino al 20 ottobre 2016.

finanziamenti-aziende-in-crisiattraverso il por fesr 2014-2020, ovvero il programma operativo cofinanziato dal FESR la Regione Lazio mette in campo le sue strategie e definisce gli strumenti per contribuire alla realizzazione della Strategia Europa 2020 finalizzata a  una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e per il conseguimento della coesione economica, sociale e territoriale.

La scelta degli obiettivi tematici e delle priorità di investimento per il FESR nel periodo 2014-2020 viene prevista  come segue:

Asse 1 – Ricerca e innovazione (180.000.000 euro)
Asse 2 – Lazio Digitale (154.270.000 euro)
Asse 3 – Competitività 276.400.000 (euro)
Asse 4 – Sostenibilità energetica e mobilità (176.000.000 euro)
Asse 5 – Prevenzione del rischio idrogeologico (90.000.000 euro)
Assistenza Tecnica (36.395.194 euro)

Ultima annotazione di rilievo relativamente alla dotazione finanziaria totale del POR FESR Lazio 2014-2020 che ammonta a 913.065.194 euro.


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contratti di solidarietà: si all’apprendistato

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contratti solidarietàContratti di solidarietà si all’assunzione in apprendistato durante un contratto di solidarietà

Il ministero del Lavoro ha detto si! Parafrasando una vecchia formula pubblicitaria il Ministero del Lavoro ha dato via libera con un chiarimento effettuato in risposta a uno specifico interpello per la possibilità di avvio di rapporti di apprendistato anche nel caso in cui l’Azienda richiedente abbia in corso un contratto di solidarietà. Il chiarimento era dovuto in relazione all’applicazione dei nuovi ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro introdotti dal Jobs Act.

La motivazione va ricercata nel fatto che il contratto di solidarietà difensivo costituisce specifica causale del trattamento di integrazione salariale straordinaria con la finalità del mantenimento dei livelli occupazionali, con possibile insorgenza, nel periodo di solidarietà, di ulteriori esigenze lavorative e si attiva in base all‘articolo 51 del decreto legislativo 81/2015 attraverso specifico accordo fra impresa prevedendo una riduzione dell’orario di lavoro per evitare riduzioni di organico. Non spetta quindi agli apprendisti, in base all’articolo 2 del dlgs 148/2015.

Ma come funziona realmente il contratto di solidarietà?

Sono previste due tipologie di contratto di solidarietà e relativamente alla fattispecie applicata sono previste disposizioni differenti per concerne la durata, i soggetti che possono beneficiarne e la percentuale di riduzione della retribuzione e dell’orario di lavoro.

  • TIPO A – contratti di solidarietà per le aziende rientranti nel campo di applicazione della disciplina in materia di CIGS (art. 1 legge n. 863/84);
  • TIPO B – contratti di solidarietà per le aziende non rientranti nel regime di CIGS e per le aziende artigiane (art. 5 comma 5 legge n. 236/93).

CONTRATTI DI SOLIDARIETA’ DIFENSIVI PER LE IMPRESE IN REGIME DI CIGS (LEGGE 863/84): TIPO “A”

Possono farne ricorso tutte le aziende rientranti nel campo di applicazione della disciplina in materia di CIGS, comprese le aziende appaltatrici di servizi di mensa e pulizie, che abbiano occupato mediamente più di 15 lavoratori nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, spetta a tutto il personale dipendente ad esclusione di:

  • dirigenti;
  • apprendisti;
  • lavoratori a domicilio;
  • lavoratori con anzianità aziendale inferiore a 90 giorni;
  • lavoratori assunti a tempo determinato per attività stagionali.

La riduzione di orario prevede un’integrazione pari al 60% della retribuzione persa la stipula del contratto è per un massimo  di 24 mesi, prorogabili per altri 24 mesi.

CONTRATTI DI SOLIDARIETA’ PER LE IMPRESE NON RIENTRANTI NEL CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA CIGS (ART. 5, CO. 5, L. 236/1993): TIPO “B”

Con la legge 236/93, art. 5, commi 5 e 8, è stato esteso l’istituto dei C.d.S. anche alle aziende non rientranti nel campo di applicazione della normativa in materia di Cassa Integrazione.

Spetta ai lavoratori che abbiano un rapporto di lavoro subordinato, con esclusione dei dirigenti, dipendenti da:

  • imprese con più di 15 dipendenti, escluse dalla normativa in materia di CIGS, e che abbiano avviato la procedura di mobilità di cui all’art. 24 della legge n. 223/1991;
  • imprese con meno di 15 dipendenti che stipulano contratti di solidarietà al fine di evitare licenziamenti plurimi individuali (art. 7 ter, comma 9, lettera d, legge n. 33/2009);
  • imprese alberghiere, aziende termali pubbliche e private operanti in località territoriali con gravi crisi occupazionali;
  • imprese artigiane indipendentemente dal numero dei dipendenti. Il contributo è erogato a condizione che i lavoratori con orario ridotto percepiscano, dai fondi bilaterali presso cui l’azienda è iscritta, una prestazione di entità non inferiore alla metà del contributo pubblico destinata ai lavoratori. Le imprese artigiane con più di 15 dipendenti devono, altresì, attivare le procedure di mobilità.

Viene erogato un contributo pari al 25% della retribuzione persa sia per il lavoratore che per l’azienda con una durata massima di  24 mesi e non può essere concessa nessuna proroga.

Il contratto di solidarietà assume una sua logica in tutti quei casi in cui si voglia  fronteggiare sopravvenute e temporanee esigenze di maggior lavoro, operando una minore riduzione dell’orario di lavoro del personale interessato rispetto a quanto originariamente pattuito, in base ad una espressa previsione contenuta nel contratto di solidarietà; opportunità che non sempre viene soddisfatta per tutti i lavoratori essendo molti di questi assunti con mansioni  diverse nell’ambito dell’organico aziendale.

Per questo motivo l’azienda che ricorre a contratti di solidarietà può avere necessità di formare personale in specifiche mansioni per far fronte a eventuali esigenze di maggior lavoro assumendo nuovi apprendisti  sempre che si riscontrino anche gli ulteriori requisiti di legge ovvero che sia  rispettato il rapporto  fra apprendisti assunti e maestranze specializzate, in base all’articolo 42, comma 7, del Dlgs 81/2015, e la necessità che il datore di lavoro o i suoi dipendenti abbiano l’esperienza e le competenze necessarie a garantire che l’apprendista riceva una formazione adeguata rispetto alle finalità del contratto.

La crisi aziendale favorisce  quindi il ricorso a delle soluzioni che non compromettano la stabilità, competitività  e funzionamento dell’Azienda ma nello stesso tempo riescano a garantire una continuità di reddito ai propri dipendenti.


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prestazioni occasionali: modalità ritenuta ed esonero per rimborso spese

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ritenuta prestazione occasionaleIn questi ultimi anni la ricevuta per prestazione occasionale ha assunto sempre più importanza anche parallelamente alle modifiche intervenute nel tempo per le collaborazioni coordinate e continuative, a progetto e in ogni caso, in tutte quelle occasioni in cui, per colmare il fabbisogno di brevi collaborazioni spot che si estinguono in un determinato periodo, non trova tipologia di contratto adatta alle proprie. In particolar  modo, la formula della prestazione occasionale interviene ad esempio per coloro che avendo già un lavoro o essendo pensionati hanno la possibilità di incrementare  le proprie entrate con un elevato rapporto beneficio/tempo impiegato , o per coloro che sono pronti ad avviare una libera professione ma non hanno ancora le forze necessarie ( acquisizione di clientela)  tali da giustificare l’apertura di aprire una partita IVA. Meno adatte e più rischiose invece se utilizzate dalle aziende ( impropriamente) come strumento a basso costo ed elevato vantaggio ( e aggiungiamo elevato rischio) per ottenere prestazioni di lavoro di carattere non subordinato. In ogni caso, ogni qual volta si utilizza lo strumento della prestazione occasione è necessario prestare molta attenzione e comprendere che siamo in presenza di uno strumento soggetto a precisi adempimenti  giuridici, previdenziali e fiscali da analizzare attentamente per non ricadere in problematiche estremamente ” seccanti” in caso di uso improprio.






Ma cosa si intende per lavoro autonomo occasionale e soprattutto quali sono i limiti imposti dalla normativa vigente?

Utilizzata in passato in maniera occasionale e reintrodotta con la riforma del lavoro del 2003 ( Legge Biagi )  affinché possa essere riconosciuta come tale, deve rispettare  alcuni requisiti fondamentali:

  1. non può essere un’attività abituale;
  2. deve trattarsi di  un’attività non professionale;
  3. non deve svolgersi con continuità;
  4. non deve esserci una coordinazione.

Il contratto tra azienda/professionista e collaboratore non prevede una forma scritta ma a scanso di equivoci è sempre preferibile redarne uno che metta ben in chiaro i fabbisogni di collaborazione dell’azienda da un lato e le aspettative del collaboratore dall’altro; sia economiche ( compenso spettante) sia soprattutto in merito alle modalità dello svolgimento dell’incarico e soprattutto alla mancanza di un vincolo di subordinazione.

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La caratteristica  del lavoro autonomo occasionale trova la propria regolamentazione generale nell’articolo 2222 del codice civile che disciplina il contratto d’opera definendo il lavoratore autonomo occasionale chi si obbliga a compiere,dietro corrispettivo, un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio senza vincolo di subordinazione, né potere di coordinamento del committente ed in via del tutto occasionale.

Quindi la prestazione del collaboratore deve svolgersi senza l’inserimento funzionale nella organizzazione dell’azienda e/o del professionista e inoltre la caratteristica dell’occasionalità la contraddistingue dalle prestazioni di lavoro autonomo svolte abitualmente ed in forma professionale, sollevandola quindi anche dall’obbligo del possesso di partita IVA ( art. 5 D.P.R. 633/72) che è invece caratteristica fondamentale del lavoro autonomo abituale, svolto in modo professionale con obbligo di emissione della fattura.

Il collaboratore occasionale risulta pertanto un non dipendente e un non professionista autonomo,  diventando terreno fertile per abbattere sensibilmente i costi ad esempio di molti progetti imprenditoriali.

La ricevuta della prestazione occasionale: contenuto e caratteristiche

La ricevuta da emettere per la prestazione occasionale ha forma libera ma deve contenere determinati requisiti , specificando che trattasi di prestazione fuori dal campo di applicazione dell’iva ai sensi dell’art. 5 del D.P.R. 633/197 e dovrà contenere: 

  • i dati del prestatore (nome, cognome, luogo e data di nascita, indirizzo e codice fiscale);
  • i dati del committente (nome, cognome, o ragione sociale se trattasi di società, partita IVA o codice fiscale, indirizzo);
  • la descrizione della prestazione svolta (è opportuno far riferimento, se sottoscritta ad una lettera d’incarico che disciplini gli aspetti essenziali della prestazione);
  • l’importo lordo;
  • l’eventuale ritenuta d’acconto (nella misura del 20%, se il committente riveste la qualifica di sostituto d’imposta);
  • l’importo netto percepito;
  • data, luogo e firma del prestatore che rilascia la ricevuta.

Non essendo soggetta ad Iva, la ricevuta dovrà essere affrancata da una marca da bollo da 2 euro con esclusione di tutti quegli importi che non superano euro 77,47.

Di seguito viene pubblicato un facsimile della ritenuta per prestazione occasionale da scaricare gratuitamente in formato excel e con formula precompilata. Sarà sufficiente inserire l’importo netto in fondo alla formula per ricavarne in maniera automatica il lordo e la ritenuta dovuta.

Icona

facsimile di ricevuta per compenso occasionale 10.86 KB 648 downloads

RICEVUTA COMPENSO PER PRESTAZIONE OCCASIONALE ... pubblichiamo un facsimile di ricevuta...

I limiti per prestazione occasionale: reddito annuale e casi di eccedenza

La prestazione saltuaria normalmente non può eccedere l’importo di € 5.000,00 anche se erogato da una pluralità di committenti ma nel caso in cui si dovesse superare questo limite sono previsti  obblighi di natura previdenziale con la conseguente iscrizione alla gestione separata (per la somma eccedente)  e il versamento da parte dell’azienda/professionista committente dei 2/3 dei contributi dovuti ( alla data di redazione dell’articolo  come parasubordinati senza partita IVA, per i quali l’aliquota è prevista nella misura del 31,72%).

Casi in cui non si applica la ritenuta alla fonte del 20%

( chiarimenti dell’agenzia delle Entrate risoluzione 49/E/2013 )

rimborsi spese ritenute d'accontoUno dei casi in cui la ritenuta d’acconto non viene applicata alla prestazione occasionale è sicuramente quello dei rimborsi spese effettuati dal collaboratore in nome e per conto dell’azienda stessa per seminari e formazione gratuita. E’ il caso di rimborso di viaggi, vitto, alloggio per  docenti e ricercatori ma anche di chi anticipa spese di trasporto ed altri oneri connessi per la partecipazione a seminari  e formazione.

Siamo in presenza infatti di spese sostenute che  non concorrono alla formazione del reddito imponibile del collaboratore e pertanto non sono assoggettate ad un acconto di imposta essendo l’imponibile in questo caso pari a zero.

Un rimborso spese relativo a una prestazione di lavoro occasionale, tenuta da un professionista che non svolge attività abituale di lavoro autonomo, non rende necessaria l’applicazione di ritenute alla fonte; a stabilirlo è  l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 49/E/2013, rispondendo a uno specifico quesito dell’Istituto Italiano di Tecnologia.

L’Agenzia delle Entrate, in  questo caso riflette una situazione di fatto logica e sostanzialmente inoppugnabile evitando di far versare la ritenuta alla fonte in tutte quelle ipotesi in cui sussistono attività occasionali di carattere sostanzialmente gratuito e nelle quali il compenso percepito risulta essere pari  alle spese sostenute dal collaboratore. In questi casi viene meno l’obbligo del versamento della  ritenuta di cui all’art. 25 del DPR 600/1973:

« Sono i  rimborsi spese di viaggio, vitto, e alloggio, purché siano solamente quelle strettamente necessarie per lo svolgimento dei seminari, previa acquisizione dei titoli certificativi delle spese».

Le stesse condizioni sono applicabili anche nell’ipotesi in cui le spese siano direttamente sostenute dall’ Azienda.

Il collaboratore da parte sua non dovrà riportare le somme percepite con queste condizioni nella propria dichiarazione dei redditi.

Diversa è invece la considerazione da effettuare per le spese sostenute per l’effettuazione dell’incarico assegnato che rientrano invece nella determinazione del reddito e conseguentemente nell’obblico di applicazione della ritenuta d’acconto.

«Alla determinazione del reddito di lavoro autonomo e del reddito di lavoro autonomo non esercitato abitualmente» rientrano nella nozione di compenso «anche le somme che il lavoratore autonomo riaddebita al committente per il ristoro delle spese sostenute per l’espletamento dell’incarico (cfr. circolare n. 1 del 1973, risoluzione n. 20 del 1998, circolare n. 58 del 2001, risoluzione n. 69 del 2003)».

Il riferimento normativo è l’articolo 54, comma 1, del TUIR (testo unico imposte sui redditi) in base al quale:

«Il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione…».

Per quanto riguarda invece i redditi di lavoro autonomo occasionale, l’articolo 71, comma 2, del TUIR, stabilisce che questi:

«Sono costituiti dalla differenza tra l’ammontare percepito nel periodo d’imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione».

C’è quindi una differenza fra redditi da lavoro autonomo abituale e non abituale,costituita dal collegamento diretto diretto tra compenso e spesa sostenuta (che vale solo per il lavoro autonomo non abituale, come visto).

È per questo che, solo per prestazioni di lavoro autonomo occasionale, quando è previsto solamente il rimborso delle spese strettamente necessarie per l’esecuzione della prestazione stessa o l’anticipo delle stesse da parte del committente, si genera un reddito diverso pari a zero, anche se le spese sono sostenute in un diverso periodo d’imposta.

L’esonero dalla ritenuta (e dalla dichiarazione per il contribuente) non è invece applicabile:

«Quando il compenso, anche nella forma di spese rimborsate o anticipate dal committente, eccede le spese strettamente necessarie per lo svolgimento dell’attività occasionale, facendo venir meno il carattere sostanzialmente gratuito dell’attività stessa. In tal caso, l’intero importo erogato dal committente costituirà reddito di lavoro autonomo occasionale assoggettabile a ritenuta, ai sensi del citato art. 25 del D.P.R n. 600 del 1973».

Per le prestazioni occasionali infine, per l’Azienda committente permane la rilevanza dei costi ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), di cui al d.lgs 446/1997.

 


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il diritto agli utili del socio nella SRL

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diritto agli utili nella srl 2

Il Diritto agli utili del socio nella SRL

Il diritto agli utili è un diritto del socio che può essere espresso fondamentalmente in due modi:
 
A) lo statuto della srl può prevedere sia il voto sulla redistribuzione degli utili dell’organo amministrativo (consiglio di amministrazione)
B) il diritto all’esercizio potrebbe sorgere già in relazione all’emersione di utili netti, per effetto della mera approvazione del bilancio, come avviene per le società di persone.
Esistono poi una serie di regole particolari che possono essere inserite in statuto o anche verbalizzati successivamente ( esempio nella adozione della trasparenza  fiscale dove è possibile verbalizzare una percentuale di utili che il socio lavoratore percepisce diversa dalla sua partecipazione societaria ) come una proporzione diversa nella ripartizione degli utili a favore del socio ( con esclusione del patto leonino, ovvero il dividendo di escludere un socio da utili o perdite) o anche un diritto particolare vantato ad esempio sugli utili relativi solo all’andamento di uno specifico settore o divisione aziendale dell’attività della società ( escludendo gli altri settori) che però va gestito con istituzione di una contabilità separata). Restano invece vietate invece eventuali clausole che trasformino il diritto agli utili in forma di tass di interesse, cioè di diritto a un determinato rendimento indipendentemente dal risultato d’esercizio.

 


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Gestione in Bilancio e fiscale del sito internet

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ammortamento sito internetGestione in Bilancio e fiscale del Sito Internet

E’ diventato oramai uno strumento di lavoro e di marketing irrinunciabile per chiunque: ci riferiamo al sito internet aziendale che può essere istituito per scopi diversi  ma quasi sempre per ampliare la propria offerta commerciale di beni o servizi e accaparrare nuovi clienti praticamente in ogni luogo. Ma le attività su internet si sono moltiplicate a dismisura negli ultimi anni, sono sempre di più le persone che scelgono il web per avviare una propria attività. Vediamo allora come le spese sostenute per la creazione o realizzazione di un sito web, siano detraibili come costi sostenuti e in quali modi e tempi porteremo a casa l’intero ammortamento del costo sostenuto.

Un sito web è formato da un’insieme di pagine, immagini, a volte musiche e video internet correlate tra loro, visibili da chiunque, e raggiungibili attraverso un indirizzo internet, ( oramai anche senza il prefisso del WWW) che presentano una struttura a volte semplice a volte articolata e complessa ma nella maggior parte dei casi diretta alla fornitura di informazioni o alla possibilità di acquisto di prodotti o servizi dell’azienda.

Un sito internet può essere composto da un semplice linguaggio di base ( es html ) o composto anche da software applicativi che consentono, all’interno del sito, si inviare e gestire informazioni attraverso una piattaforma interna, con accesso a un’area riservata e interazione tra cliente/fornitore di un determinato bene o servizio.

E’ ovvio che la complessità del lavoro effettuato per la realizzazione del sito può essere diversa a seconda dei casi e quindi anche i costi di realizzazione e di mantenimento, integrati con il pagamento di licenza d’uso per la gestione di eventuali software di gestione del servizio possono comportare dei costi notevoli che l’azienda deve sapere correttamente inquadrare nella gestione della propria contabilità.

Per capire bene come funziona il nostro sito cerchiamo quindi di comprendere meglio ad esempio  la distinzione tra software di base e software applicativi.

Il software di base ( software operativo) è composto dalle procedure e dai programmi necessari per il funzionamento dei computers  senza i quali non potrebbero effettuare il loro lavoro; pensiamo ad esempio al windows 10.

 software applicativi, invece, sono costituiti dall’insieme di procedure e istruzioni che consentono al computer  di assolvere specifiche funzioni in grado di rispondere alle esigenze dell’utente.

Istallare quindi un software di base è un’operazione fondamentale affinché il sistema funzioni correttamente e  ne consegue che il relativo costo di acquisto debba pertanto essere considerato unitamente a quello del cespite sui cui è installato. Tale considerazione  è prevista dall’applicazione del principio contabile OIC 16  relativo alle “Immobilizzazioni materiali” che prevede quindi che il costo del software di base, unitamente a quello dell’hardware, venga ammortizzato nel tempo a partire dal momento in cui il bene ( hardware e software di base ) entrano a far parte del processo produttivo con ragguaglio alla durata del periodo d’imposta se inferiore o superiore ai dodici mesi.

Nel caso del sito internet l’intera realizzazione dello stesso composta dalla creazione del sito stesso con le pagine fondamentali per la visualizzazione anche su dispositivi mobili (cd responsive web design) va considerata in questa ottica.
Mentre la realizzazione di software applicativi correlati ( es forum, e commerce, piattaforme etc )  si presenta, invece, più  complessa da inquadrare per la sua corretta  imputazione in bilancio.

Per far questo dobbiamo analizzare attentamente la composizione dei software applicativi e distinguere tra i seguenti casi:

  • se il software applicativo viene acquistato  o fatto realizzare con licenza d’uso propria a tempo indeterminato allora siamo in presenza di un bene strumentale e come tale il software dovrà essere iscritto nell’attivo patrimoniale come diritto di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno ai sensi del principio contabile OIC 24 entrerà a far parte delle Immobilizzazioni immateriali dell’azienda.
  • se il software viene acquistato già pronto da qualcuno che lo ha realizzato per rivenderlo allora siamo in presenza di una licenza d’uso a tempo determinato che andrà invece iscritta come concessioni, licenze, marchi e diritti simili  ed ai fini fiscali considereremo la durata dell’ammortamento parallelamente al periodo durante il quale è stata acquistata la licenza.
  • se il software viene autoprodotto in azienda se non sia stato registrato , i relativi costi possono essere dedotti interamente nell’esercizio di effettivo sostenimento ( esempio fatture di un informatico ovvero il costo del dipendente che materialmente lo ha realizzato).

In linea generale,  i costi sostenuti per la realizzazione e l’implementazione del sito internet andranno capitalizzati come beni strumentali; tale procedimento trae la sua logica nel fatto che il sito internet possa dimostrare un’utilità futura nel processi di vendita o di crescita aziendale in termini di incremento dell’efficienza e della competitività e stimando che nel tempo futuro si potranno recuperare i costi sostenuti per la realizzazione.

La gestione segue una logica come descritta poiché nessuna norma civilistica né i principi contabili nazionali contengono disposizioni specifiche sulla contabilizzazione e l’iscrizione in bilancio dei costi sostenuti per la realizzazione dei siti web aziendali.

Ad ogni modo nella realizzazione di un portale web che ad esempio integri il sito web tradizionale con sistemi gestionali accessibili dall’esterno (es piattaforma) sarà bene ripartire il costo complessivo tenendo conto delle due componenti e soprattutto richiedere una certificazione che attesti tale ripartizione  al soggetto incaricato della realizzazione del sito. quota attribuibile ad ogni esercizio.

Il Dominio internet

Una particolare attenzione va fatta per il dominio con il quale viene gestito il sito che, in molti casi, può assumere un valore notevole o addirittura essere acquistato per un valore notevole ( secondo l’importanza strategica, i precedenti accessi, le visualizzazioni etc)

Il dominio internet è il nome che contraddistingue in maniera univoca un server o un sito web e può essere acquisito esclusivamente in concessione per l’utilizzazione e mai in proprietà.
Le spese sostenute per l’utilizzo del dominio vanno capitalizzate  come “Concessioni, licenze e simili”, mentre le altre spese sostenute in vista dell’acquisizione del dominio, devono essere considerate costi pluriennali.
Spesso il dominio può diventare anche oggetto di marchio aziendale e registrato come tale; in questo caso il dominio segue il marchio.

La condizione per iscrivere un dominio internet come marchio in bilancio è che lo stesso sia identificabile nel patrimonio aziendale e abbia piena individualità da poterlo distinguere dall’azienda.
Fiscalmente, le quote di ammortamento dei marchi sono deducibili in misura non superiore ad 1/18 del costo sostenuto ovvero  derivante da eventuale perizia.

 


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La trasparenza fiscale

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La trasparenza fiscale

In tempi in cui c’è una corsa sfrenata alla costituzione di SRL semplificate, vale la pena ricordare l’opzione per la trasparenza fiscale prevista  proprio per queste tipologie di società spesso ad impatto minore e che garantisce spesso un risparmio d’imposta non indifferente ai soci nella distribuzione degli utili realizzati dall’impresa.



Vediamone insieme quindi le particolarità e i vantaggi e gli svantaggi per chi, decidesse di avvalersi di questa opportunità.

La tassazione classica di una società di capitali si basa sul fatto che, la società in quanto dotata di personalità giuridica diventa contribuente e come tale versa le proprie imposte ( IRES) determinate nella attuale misura del 27,50% ( che scenderà al  24% dal 1 gennaio 2017 ) el’IRAP ( che rimane invariata indipendentemente dalla modalità prescelta di tassazione).

Appare ovvio quindi che, un’aliquota fissa stabilita indipendentemente dall’ammontare del reddito percepito favorisce, nel caso di distribuzione degli utili, i soci che dichiarano un reddito più elevato di € 15.000,00 soggetto ad aliquota IRPEF nella misura del 23% mentre rimane più o meno invariato per i percettori di una fascia di reddito che si attesta tra i 15.000 e i 28.000 € di reddito dove l’aliquota  personale sale al 27% ( per la parte che eccede i 15.00 e entro i 28 mila euro).

Cosa accade quindi con l’opzione della trasparenza?

Semplicemente che il socio sceglie di dichiarare il reddito conseguito dalla società a livello personale, accollandosi quindi interamente la quota di reddito derivante dalla propria partecipazione societaria ( o da altro patto stabilito) sollevando quindi la società dal versamento delle imposte.

In questo modo si aprono ovviamente diversi scenari, poiché proprio nel caso in cui il socio abbia ad esempio come unico reddito quello derivante dalla partecipazione societaria, non solo può usufruire dell’aliquota ridotta ( 23%) nel caso in cui il reddito di assestasse nella prima fascia ma può beneficiare di tutte le detrazioni previste per i redditi delle persone fisiche

( eventuale coniuge e figli a carico, mutui, spese mediche etc)

Ma i benefici non finiscono qui. Infatti come ben sappiamo le imposte pagate dalla società sono indetraibili ai fini fiscali e costituiscono una ripresa in aumento nell’unico della società. L’accertamento delle imposte diventa un costo che confluisce nel bilancio e in molti casi può determinare una perdita civilistica a fronte di un utile fiscale. Quando la società si presenta in Banca per ottenere un finanziamento si vedrà analizzare un bilancio che, per effetto di riprese, tassazione e altre tipologie di situazioni può rappresentare un’azienda in difficoltà magari perché si è scelto di dare un compenso all’amministratore unico o agli amministratori ( che configura un costo per la società) e che quindi si è gravata di costi in luogo di distribuire utili ai soci. Ecco quindi che una società in trasparenza fiscale appare nella sua vera forma, mostrando un reddito effettivo e quini una sua identificazione sana e operativa che, nei confronti delle Banche e dei terzi ha sicuramente un’immagine più reale e trasparente.

L’esercizio dell’opzione e il rinnovo relativamente al regime di trasparenza fiscale di cui all’art. 116 Tuir, del consolidato fiscale e della tonnage tax, deve essere effettuato direttamente con la dichiarazione modello Unico presentata nel periodo d’imposta a decorrere dal quale si intende esercitare l’opzione,  diversamente da quanto accadeva precedentemente  ovvero con apposita comunicazione telematica che veniva presentata dal commercialista entro la fine del primo periodo d’imposta di efficacia dell’opzione stessa (quindi entro il 31.12 per le società con periodo di imposta coincidente con l’anno solare).

Ricordiamo che il regime della trasparenza fiscale, già previsto per le società di persone, è un sistema in base al quale il reddito della società non è tassato in capo alla società stessa, ma gli utili o le perdite si imputano a ciascun socio, in proporzione alla propria quota di possesso, a prescindere dall’effettiva percezione.

Per procedere all’opzione per la trasparenza, la società deve in ogni caso aver acquisito il previo consenso da parte dei soci della società, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno inviata alla partecipata.

Chi intende aderire al regime di trasparenza a decorrere dal 2015, deve comunicarlo nel modello Unico SC 2015 (da trasmettere entro il prossimo 30 settembre), che si è dotato di un nuovo quadro, il quadro OP, dedicato proprio alle comunicazioni per i regimi opzionali, di cui la sezione III è dedicata al regime in commento.

Questa nuova modalità di comunicazione dell’opzione ha fatto emergere il problema circa la possibilità di optare per il regime di trasparenza a partire dal primo periodo di imposta per le società costituite nel corso del 2015 e per le società di persone trasformate in società di capitali nel corso del 2015, alla luce del fatto che tali soggetto non sono tenuti a presentare il modello Unico SC 2015.

La questione è stata recentemente risolta con la Risoluzione 14 settembre 2015, n. 80/E, che ha accolto la richiesta di una società di capitali, appena trasformatasi in una società di persone, di poter usufruire dell’opzione del regime di tassazione per trasparenza previsto dall’art.116 del Tuir, così come modificato dal D.lgs.175/2014.

La motivazione di tale concessione sta nel fatto che all’interno della relazione illustrativa allo schema del D.Lgs.175/2014 “non emerge alcuna volontà, in riferimento al loro primo anno di imposta, di escludere dall’applicazione dell’opzione le società neo-costituite o trasformate”.

Di conseguenza i soggetti interessati, siano essi società neocostituite o trasformate nel corso del 2015, possono optare per il regime di trasparenza per il triennio 2015-2017 utilizzando la vecchia modalità, ossia a mezzo del modello di comunicazione dell’esercizio dell’opzione approvato con provvedimento del 4 agosto 2004, da presentare però entro il termine di presentazione della dichiarazione, quindi entro il 30 settembre e non più entro il 31 dicembre.

Mentre dovremo utilizzare il modello “Comunicazioni per regimi Tonnage tax, Consolidato e Trasparenza” anche nel caso in cui dovremo comunicare la perdita di efficacia o interruzioni del regime o, nel caso di consolidato, variazioni del gruppo. Ricordiamo infatti che nel quadro OP del modello Unico è prevista esclusivamente la possibilità di comunicare l’opzione, la revoca e la conferma per la trasparenza; quando non è possibile utilizzare il modello Unico, ovvero in caso di società appena costituite o trasformate nel corso del periodo di imposta.
La comunicazione di adesione al regime di trasparenza fiscale di una società partecipata deve essere effettuata direttamente nel modello Unico SC (quadro OP RIGHI OP11 – OP 15) presentato nel periodo d’imposta a decorrere dal quale si vuole esercitare l’opzione per questo regime fiscale.
Per esempio: una srl con esercizio 1/1 – 31/12 che voglia optare dal 2016 per la tassazione per trasparenza dovrà, con le nuove disposizioni, comunicare l’opzione direttamente nel modello Unico SC 2016 (redditi 2015), entro 30/09/2016, anziché entro il 31/12/2016 come avveniva precedentemente.
A tal fine in Unico 2015 SC nel quadro OP sono presenti gli appositi righi. In particolare nel rigo OP11 va barrata la casella in funzione della tipologia della comunicazione effettuata (opzione, rinnovo o conferma), mentre nei righi da OP12 a OP15 vanno indicati i codici fiscali dei soggetti partecipanti ai sensi degli artt. 115 e 116 del TUIR, cioè va riportato, in colonna 1, il codice fiscale della persona fisica partecipante e, in colonna 2, il codice fiscale della società.
Le eventuali omissioni di adesione al regime potranno essere sanate attraverso la presentazione di un modello Unico rettificativo (contenente l’opzione) entro 90 giorni dal termine ordinario di presentazione, senza l’applicazione di alcuna sanzione amministrativa.
Per procedere all’opzione per la trasparenza, la società ha la necessità di acquisire in via preliminare il consenso da parte dei soci della società, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno oppure PEC inviata alla partecipata. L’Agenzia esclude la possibilità di utilizzare una raccomandata a mano, in quanto la ricevuta di ritorno o le ricevute di consegna della PEC rispondono all’esigenza di rendere certa la volontà dei soci in merito all’adesione al regime della trasparenza fiscale, non soltanto nei confronti della partecipata, ma anche dell’Amministrazione finanziaria.
Un caso a parte è quello della S.r.l. unipersonale in cui il socio è il medesimo amministratore: in questa situazione, anche per evitare l’anomala situazione in cui il socio manifesta a se stesso la volontà di esercitare l’opzione, l’Agenzia si è espressa (con la R.M. n. 361/E/2007) affermando che l’opzione per la trasparenza fiscale deve ritenersi validamente perfezionata anche qualora manchi l’espressa comunicazione formale del socio unico.

Ripartizione dell’utile ai soci
Quando si opta per il regime di trasparenza la ripartizione degli utili societari si  presume che venga distribuito ai soci in base alle rispettive quote di partecipazione all’interno della società ed indipendentemente dal fatto che poi l’utile venga effettivamente distribuito ai soci o rimanga nella società attraverso la distribuzione a Riserve analogamente a quanto già accade nelle società di persone.
Nel regime di tassazione ordinario, viceversa, se l’utile tassato in capo alla società viene distribuito successivamente ai soci la tassazione IRPEF  sale al 49,72% dell’utile effettivamente distribuito nel caso di partecipazione qualificata (consentono una percentuale di voto superiore al 20% come diritto di voto e al 25% come patrimonio) ovvero del 26% nel caso di partecipazione non qualificata( tutti gli altri casi).

Pertanto il socio sosterrà le imposte nell’esercizio di distribuzione effettiva degli utili mediante il principio di cassa ma  pagherà le imposte solamente sull’utile civilistico effettivamente percepito e non su quello rilevante ai fini fiscali derivante dalle riprese fiscali.

Quindi il vantaggio del regime trasparente permette di annullare la doppia imposizione sui dividendi ovvero di pagare sia il 27,50% a titolo di IRES da parte della società sia la tassazione prevista per il socio in caso di distribuzione di utili.

ATTENZIONE: in entrambi i casi ovvero nella tassazione ordinaria e nella tassazione per  trasparenza è sempre dovuta l’IRAP in capo alla società partecipata.

Il regime di trasparenza resta non conveniente per le società che, per fini istituzionali o strategia aziendali sono abituate o costrette ad accantonare a riserva gli utili o a distribuirne solamente una minima parte ai soci. Un caso specifico è quello introdotto dalla  L. n. 99/2013 ed esattamente nella costituzione di SRL con capitale inferiore a €10.000 nella quale è obbligatorio  destinare almeno un quinto ( 20%) degli utili annuali a riserva legale, fino a quando non sia raggiunto il capitale minimo di € 10.000.

L’opzione per la trasparenza fiscale e l’Inps

I soci che aderiscono al regime della trasparenza debbono comunque fare i conti con l’INPS.

Per costoro è infatti prevista l’iscrizione alla gestione INPS commercianti o artigiani ( in base all’attività esercita dalla società) con il presupposto che il socio in trasparenza sia un socio lavoratore all’interno della compagine societaria.

La tutela del socio lavoratore è contenuta in una disposizione speciale; l’art. 1 comma 202 e seguenti della legge n. 23 dicembre 1996 n. 662 il cui obiettivo è quello di evitare che la prestazione del socio che lavora all’interno della sua azienda, attraverso lo schermo della struttura societaria  ( ad esempio della SRL) venga sottratta alla contribuzione previdenziale.

A tal scopo la circolare n. 74  dell’Inps del 2014 ci illustra con chiarezza le modalità del reddito  derivante da partecipazione societaria da assoggettare a contribuzione INPS ( analogamente a quanto avviene per le società di persone) della quale riportiamo in calce un sunto:

Circolare Inps n. 74 del 06/06/2014

In merito all’individuazione dell’ammontare del reddito da assoggettare all’imposizione dei contributi previdenziali, nel far rinvio alle precisazioni fornite con circolare n. 102 del 12 giugno 2003, si fa presente che deve essere preso in considerazione il totale dei redditi d’impresa conseguiti nel 2013, al netto delle eventuali perdite dei periodi d’imposta precedenti, scomputate dal reddito dell’anno.

Per i soci di S.r.l. iscritti alle gestioni degli artigiani o dei commercianti la base imponibile, oltre a quanto eventualmente dichiarato come reddito d’impresa, è costituita dalla parte del reddito d’impresa della S.r.l. corrispondente alla quota di partecipazione agli utili, ovvero alla quota del reddito attribuita al socio per le società partecipate in regime di trasparenza.

Ciò premesso, si indicano, di seguito, gli elementi che costituiscono la base imponibile per il calcolo della contribuzione dovuta, indicati eventualmente nei quadri RF (impresa in contabilità ordinaria), RG (impresa in regime di contabilità semplificata e regimi forfetari) e RH (redditi di partecipazione in società di persone ed assimilate):

RF63 – (RF98 + RF100, col.1) + [RG31 – (RG33+RG35, col.1)] + [somma algebrica (colonne 4 da RH1 a RH4 con codice 1,3 e 6 e colonne 4 da RH5 a RH6) – RH12] + RS37 colonna 11.

Si sottolinea che i redditi in argomento devono essere integrati anche con quelli eventualmente derivanti, agli iscritti alle Gestioni, dalla partecipazione a società a responsabilità limitata denunciati con il mod. Unico SC (società di capitali).


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