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tassazione affitto d’azienda

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tassazione affitto aziendaLa Tassazione dell’affitto d’azienda
Molte volte le imprese si trovano per necessità di gestione o per convenienza a dare in affitto la propria azienda. Spesso questa rappresenta una valida alternativa alla cessione e consente al concedente  che si trova nell’impossibilità di gestione o per altre vicende una risorsa importante per ricevere un utile dall’azienda stessa pur eliminando ogni e qualsivoglia costo inerente alla gestione Sorvolando sulle garanzie e sulle modalità di salvaguardia da prendere in considerazione quando si affida una gestione a terzi ( si pensi solo alle problematiche legate alle recensioni  per attività ricettive o ristorative) che meritano un articolo a parte, analizziamo  qui la problematica della tassazione della stessa ai fini fiscali.
Questa può presentare situazioni diverse  in funzione della natura del concedente,  ( se società o imprenditore individuale) ed in particolare se a seguito della concessione in affitto dell’azienda tale soggetto mantenga o meno la qualifica d’imprenditore, poiché i canoni d’affitto percepiti a seguito della concessione in affitto dell’azienda sono soggetti ad Iva solo se il concedente continua a mantenere  la qualifica di imprenditore successivamente alla  locazione dell’azienda.
Si determinano quindi due possibilità :
A) Il  concedente  ( proprietario dell’azienda ) perde momentaneamente la qualifica di soggetto commerciale (ad esempio per affitto dell’unica azienda da parte dell’imprenditore individuale), e quindi la sua partita Iva viene cancellata.
Gli affitti  incassati in tale periodo sono esclusi dal campo di applicazione del tributo sul valore aggiunto, e rientrano in quello dell’imposta di registro proporzionale, nella misura del 3% (C.M. n. 26/1985). È, tuttavia, possibile beneficiare di un risparmio d’imposta, se il contratto d’affitto d’azienda distingue il canone riferibile alla parte immobiliare rispetto a quello relativo alla parte restante del complesso aziendale affittato: la prima frazione sconta, infatti, la minor misura del 2%, a differenza dell’ordinario 3%, che continua a gravare sulla quota non immobiliare;
B) se oggetto della locazione è un ramo d’azienda dell’imprenditore individuale, che continua in tal modo ad esercitare la parte di azienda non locata, ( l’ imprenditore cede un’attività ma continua  ad esercitarne un’altra e quindi rimane in possesso della partita IVA) in questo caso , i canoni di locazione rientrano sempre nel campo di applicazione dell’Iva, con conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura fissa di euro 200 ovvero nella misura dell’1% qualora l’azienda comprenda fabbricati strumentali il cui valore prevale su quello delle attrezzature mobili (art.35, comma 10-quater, D.L. 223/06).
C) Il concedente ( proprietario) è una società e in questo caso pur in presenza di una attività ceduta mantiene la sua partita iva che non può essere cancellata in quanto soggetto giuridico a se stante, anche in questo caso l’affitto sarà soggetto ad IVA.
Solo per l’imprenditore individuale, quindi, nel caso in cui avvenga l’ affitto dell’unica azienda esercitata si configura  la sospensione della soggettività passiva ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, previa apposita comunicazione all’Agenzia delle Entrate, non oltre 30 giorni dalla conclusione del contratto di affitto.

La posizione Iva sarà riattivata al momento della restituzione dell’azienda affittata, oppure non appena sarà iniziata una nuova attività soggetta ad Iva, ma nel frattempo l’imprenditore individuale è esonerato da tutti gli obblighi Iva. Tuttavia, la cessione di un bene affittato comporta la necessità di riattivare la partita Iva, al fine di procedere alla fatturazione e registrazione dell’operazione, alla liquidazione dell’imposta ed al relativo versamento, nonché alla presentazione della dichiarazione annuale (C.M. 30 maggio 1995, n. 154).

Al pari di quanto visto per la fiscalità indiretta, anche in ambito di imposte dirette è necessario distinguere due ipotesi:

locazione dell’unica azienda da parte dell’imprenditore individuale;
locazione di ramo d’azienda da parte dell’imprenditore individuale, ovvero locazione d’azienda da parte di società commerciale.
Nel primo caso, ai fini Irpef, il canone percepito dall’imprenditore individuale che ha locato l’unica azienda è qualificabile come reddito diverso, ai sensi dell’art. 67, co. 1, lett. h), del D.P.R. n. 917/1986 e, quindi, rilevante in base al principio di cassa. L’ammontare imponibile è pari alla differenza tra i canoni percepiti e le eventuali spese sostenute per la produzione degli stessi (CTC n. 2489/2002), come le spese di manutenzione e riparazione straordinaria ed ammodernamento (art. 71, co. 2, del Tuir). Diversamente, non rientra nel campo di applicazione dell’Irap, per carenza del requisito soggettivo, non essendo più un imprenditore. Specularmente, se l’affittuario – alla data del contratto di concessione in godimento dell’azienda – non rivestiva già la qualifica di imprenditore commerciale, la acquisisce per effetto di tale operazione: il canone d’affitto diventa, quindi, un costo deducibile dal reddito d’impresa e dalla base imponibile Irap (C.M. n. 148/E/2000).

Nella seconda fattispecie, invece, poiché a seguito dell’affitto il concedente mantiene la qualifica di imprenditore, i canoni sono soggetti ad Iva ordinaria del 22% e all’imposta di registro in misura fissa (euro 200) o dell’1%, e concorrono alla formazione del reddito d’impresa e della base imponibile Irap, come componenti positivi, essendo imputati alla voce A1) del conto economico, se la l’affitto d’azienda rappresenta il core business dell’impresa, o alla voce A5) qualora si tratti di una mera attività accessoria.


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