Category Archives: Aziende & Professioni

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Contributi Inps commercianti e artigiani: agevolazioni

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Contributi Inps commercianti e artigiani: tutte le agevolazioni





  1. collaboratori di imprese artigiane e commerciali di età non superiore ai 21 anni e artigiani e commercianti già pensionati Inps, di età superiore ai 65 anni;
  2. coloro che svolgono attività di affittacamere e produttori di assicurazione di terzo e quarto gruppo;
  3. familiari collaboratori occasionali dell’artigiano;
  4. contribuenti forfetari.

Ai sensi della Legge 233/1990 i collaboratori di età non superiore ai 21 anni usufruiscono di una riduzione delle aliquote contributive previste pari a tre punti percentuali.

L’aliquota agevolata è applicata comprendendo il mese in cui il soggetto compie il 21° anno di età.

Ai sensi della Legge 449/97 art.59 c.15, i lavoratori autonomi di età superiore ai 65 anni titolari di pensione Inps, che continuano la loro attività commerciale o artigiana possono corrispondere i contributi IVS dovuti nella misura ridotta alla metà.

La riduzione deve essere  richiesta espressamente dai soggetti interessati direttamente all’Inps mediante apposita comunicazione; sono esclusi i titolari di pensione di reversibilità e i lavoratori autonomi.

In particolare per coloro che esercitano  attività di affittacamere e produttori di assicurazione di terzo e quarto gruppo indipendentemente dall’età è previsto il versamento dei contributi INPS nei modi regolari ma senza l’obbligo del minimale fisso per cui versano quanto dovuto ( in base al reddito annuale prodotto) direttamente con la liquidazione nel modello Unico.

I collaboratori familiari occasionali dell’artigiano non sono obbligati all’iscrizione IVS e pertanto sono esonerati dal versamento dei contributi stessi.

Particolarmente interessante è invece il panorama introdotto per i contribuenti minimi coloro cioè che si  avvalgono del regime fiscale agevolato( Legge 190/2014,) i quali usufruiscono delle seguenti agevolazioni:

  • il regime agevolato 2015 consentiva a tali contribuenti la non applicazione del minimale contributivo; in sostanza coloro che erano iscritti alla gestione IVS effettuavano il calcolo direttamente sul reddito effettivo, applicandovi le aliquote ordinarie;
  • il regime agevolato 2016, così come indicato dalla Legge di stabilità 2016, invece, consente la riduzione del 35% della contribuzione dovuta, calcolata sul reddito forfetario come determinato. In tal caso, il versamento ridotto comporta un accredito contributivo ridotto ai fini pensionistici. Ne consegue che, anche se il reddito è inferiore al minimale, i contributi vanno calcolati tenendo conto di tale soglia, con la riduzione del 35%.

Ovviamente andrà fatta la comunicazione telematica da inviare all’Inps in sede di iscrizione di inizio attività. La richiesta di adesione è presente nel cassetto previdenziale del contribuente, ma può essere trasmessa anche in modalità cartacea.

Per rientrare nel beneficio previsto per il nuovo regime dei minimi applicabile anche alle strutture extracettive alberghiere istituite sotto forma di impresa individuale bisogna rispettare tutti i requisiti indicati dall‘articolo 54 della Legge di Stabilità:

  • ricavi o compensi all’interno dei parametri fissati per la propria tipologia di attività,
  • spese per lavoro accessorio non superiori a 5mila euro,
  • costo complessivo beni strumentali fino a 20mila euro,
  • redditi derivanti da attività d’impresa o esercizio della professione prevalenti rispetto a quelli eventualmente percepiti come dipendente (qui il criterio è flessibile, se ad esempio la somma dei redditi è comunque inferiore a 20mila euro, si può applicare il Regime dei Minimi e di conseguenza scatta anche l’agevolazione contributiva).

La circolare INPS recita testualmente:

hanno diritto ai contributi agevolati «coloro che, privi di partecipazioni nell’ambito di società di persone o associazioni di cui all’art. 5 del TUIR ovvero di s.r.l. di cui all’art. 116 del TUIR, rivestano unicamente la carica di titolari di una o più ditte individuali, anche organizzate in forma di impresa familiare, esercenti un’attività recante un codice ATECO compreso» fra quelli ammessi al Regime dei Minimi. Sono ammessi all’agevolazione contributiva anche coadiuvanti e coadiutori.

Il regime contributivo agevolato eventualmente prescelto è opzionale, per cui la scelta spetta al contribuente, che deve presentare specifica domanda; in caso contrario non si attiverà automaticamente.

Da segnalare che  se i contributi versati sono inferiori al minimo, i mesi accreditati saranno proporzionalmente ridotti. Nell’ipotesi di impresa già esistente, i contributi sono attribuiti temporalmente dall’inizio dell’anno solare, mentre nell’ipotesi di nuova impresa la decorrenza coinciderà naturalmente con il mese di inizio di imposizione contributiva. Se il reddito forfettario è superiore al minimale, c’è diritto all’accredito per l’intero anno.Altra cosa importante da sapere riguardo ad esempio ai pensionati INPS con oltre 65 anni che accedono al regime agevolato,  questi non possono applicare anche la riduzione contributiva del 50% prevista dall’articolo 59, comma 15, della legge 449/1997, così come i collaboratori familiari di età inferiore ai 21 anni, pertanto per queste categoria va fatto un calcolo di convenienza prima di procedere alla richiesta dell’una o dell’altra agevolazione contributiva.

 


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contratti di solidarietà: si all’apprendistato

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contratti solidarietàContratti di solidarietà si all’assunzione in apprendistato durante un contratto di solidarietà

Il ministero del Lavoro ha detto si! Parafrasando una vecchia formula pubblicitaria il Ministero del Lavoro ha dato via libera con un chiarimento effettuato in risposta a uno specifico interpello per la possibilità di avvio di rapporti di apprendistato anche nel caso in cui l’Azienda richiedente abbia in corso un contratto di solidarietà. Il chiarimento era dovuto in relazione all’applicazione dei nuovi ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro introdotti dal Jobs Act.

La motivazione va ricercata nel fatto che il contratto di solidarietà difensivo costituisce specifica causale del trattamento di integrazione salariale straordinaria con la finalità del mantenimento dei livelli occupazionali, con possibile insorgenza, nel periodo di solidarietà, di ulteriori esigenze lavorative e si attiva in base all‘articolo 51 del decreto legislativo 81/2015 attraverso specifico accordo fra impresa prevedendo una riduzione dell’orario di lavoro per evitare riduzioni di organico. Non spetta quindi agli apprendisti, in base all’articolo 2 del dlgs 148/2015.

Ma come funziona realmente il contratto di solidarietà?

Sono previste due tipologie di contratto di solidarietà e relativamente alla fattispecie applicata sono previste disposizioni differenti per concerne la durata, i soggetti che possono beneficiarne e la percentuale di riduzione della retribuzione e dell’orario di lavoro.

  • TIPO A – contratti di solidarietà per le aziende rientranti nel campo di applicazione della disciplina in materia di CIGS (art. 1 legge n. 863/84);
  • TIPO B – contratti di solidarietà per le aziende non rientranti nel regime di CIGS e per le aziende artigiane (art. 5 comma 5 legge n. 236/93).

CONTRATTI DI SOLIDARIETA’ DIFENSIVI PER LE IMPRESE IN REGIME DI CIGS (LEGGE 863/84): TIPO “A”

Possono farne ricorso tutte le aziende rientranti nel campo di applicazione della disciplina in materia di CIGS, comprese le aziende appaltatrici di servizi di mensa e pulizie, che abbiano occupato mediamente più di 15 lavoratori nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, spetta a tutto il personale dipendente ad esclusione di:

  • dirigenti;
  • apprendisti;
  • lavoratori a domicilio;
  • lavoratori con anzianità aziendale inferiore a 90 giorni;
  • lavoratori assunti a tempo determinato per attività stagionali.

La riduzione di orario prevede un’integrazione pari al 60% della retribuzione persa la stipula del contratto è per un massimo  di 24 mesi, prorogabili per altri 24 mesi.

CONTRATTI DI SOLIDARIETA’ PER LE IMPRESE NON RIENTRANTI NEL CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA CIGS (ART. 5, CO. 5, L. 236/1993): TIPO “B”

Con la legge 236/93, art. 5, commi 5 e 8, è stato esteso l’istituto dei C.d.S. anche alle aziende non rientranti nel campo di applicazione della normativa in materia di Cassa Integrazione.

Spetta ai lavoratori che abbiano un rapporto di lavoro subordinato, con esclusione dei dirigenti, dipendenti da:

  • imprese con più di 15 dipendenti, escluse dalla normativa in materia di CIGS, e che abbiano avviato la procedura di mobilità di cui all’art. 24 della legge n. 223/1991;
  • imprese con meno di 15 dipendenti che stipulano contratti di solidarietà al fine di evitare licenziamenti plurimi individuali (art. 7 ter, comma 9, lettera d, legge n. 33/2009);
  • imprese alberghiere, aziende termali pubbliche e private operanti in località territoriali con gravi crisi occupazionali;
  • imprese artigiane indipendentemente dal numero dei dipendenti. Il contributo è erogato a condizione che i lavoratori con orario ridotto percepiscano, dai fondi bilaterali presso cui l’azienda è iscritta, una prestazione di entità non inferiore alla metà del contributo pubblico destinata ai lavoratori. Le imprese artigiane con più di 15 dipendenti devono, altresì, attivare le procedure di mobilità.

Viene erogato un contributo pari al 25% della retribuzione persa sia per il lavoratore che per l’azienda con una durata massima di  24 mesi e non può essere concessa nessuna proroga.

Il contratto di solidarietà assume una sua logica in tutti quei casi in cui si voglia  fronteggiare sopravvenute e temporanee esigenze di maggior lavoro, operando una minore riduzione dell’orario di lavoro del personale interessato rispetto a quanto originariamente pattuito, in base ad una espressa previsione contenuta nel contratto di solidarietà; opportunità che non sempre viene soddisfatta per tutti i lavoratori essendo molti di questi assunti con mansioni  diverse nell’ambito dell’organico aziendale.

Per questo motivo l’azienda che ricorre a contratti di solidarietà può avere necessità di formare personale in specifiche mansioni per far fronte a eventuali esigenze di maggior lavoro assumendo nuovi apprendisti  sempre che si riscontrino anche gli ulteriori requisiti di legge ovvero che sia  rispettato il rapporto  fra apprendisti assunti e maestranze specializzate, in base all’articolo 42, comma 7, del Dlgs 81/2015, e la necessità che il datore di lavoro o i suoi dipendenti abbiano l’esperienza e le competenze necessarie a garantire che l’apprendista riceva una formazione adeguata rispetto alle finalità del contratto.

La crisi aziendale favorisce  quindi il ricorso a delle soluzioni che non compromettano la stabilità, competitività  e funzionamento dell’Azienda ma nello stesso tempo riescano a garantire una continuità di reddito ai propri dipendenti.


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commercialista e fattura 24

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Perfetta integrazione Commercialista cliente con fattura24

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il diritto agli utili del socio nella SRL

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diritto agli utili nella srl 2

Il Diritto agli utili del socio nella SRL

Il diritto agli utili è un diritto del socio che può essere espresso fondamentalmente in due modi:
 
A) lo statuto della srl può prevedere sia il voto sulla redistribuzione degli utili dell’organo amministrativo (consiglio di amministrazione)
B) il diritto all’esercizio potrebbe sorgere già in relazione all’emersione di utili netti, per effetto della mera approvazione del bilancio, come avviene per le società di persone.
Esistono poi una serie di regole particolari che possono essere inserite in statuto o anche verbalizzati successivamente ( esempio nella adozione della trasparenza  fiscale dove è possibile verbalizzare una percentuale di utili che il socio lavoratore percepisce diversa dalla sua partecipazione societaria ) come una proporzione diversa nella ripartizione degli utili a favore del socio ( con esclusione del patto leonino, ovvero il dividendo di escludere un socio da utili o perdite) o anche un diritto particolare vantato ad esempio sugli utili relativi solo all’andamento di uno specifico settore o divisione aziendale dell’attività della società ( escludendo gli altri settori) che però va gestito con istituzione di una contabilità separata). Restano invece vietate invece eventuali clausole che trasformino il diritto agli utili in forma di tass di interesse, cioè di diritto a un determinato rendimento indipendentemente dal risultato d’esercizio.

 


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società cooperativa agevolazioni fiscali tassazione novità

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società cooperativa agevolazioni fiscali tassazione novità

Turismo e fisco by Omnia Consulting il tuo Commercialista a Roma

I nostri servizi di consulenza aziendale e fiscale sono altamente qualitativi, offriamo qualità e competenza non come l’escapologo fiscale un personaggio astratto e non qualificato che opera con un meccanismo di network marketing ma una vera consulenza professionale al servizio dell’imprenditore.

Turismoefisco by Omnia Consulting vi offre la possibilità di gestire in maniera corretta la vostra azienda dando una risposta efficiente ed efficace ad ogni vostra problematica.

Richiedete info gratuite per aiutarci a valutare meglio le vostre esigenze

Gestioni Particolari: Consorzi e società Cooperative 

CONSULENZA  ED ELABORAZIONI SULLA CORRETTA GESTIONE  DI CONSORZI E SOCIETA’ COOPERATIVE

 

La gestione contabile e fiscale di Consorzi e società Cooperative prevede numerosi adempimenti e procedure da effettuare in tempi e modi specifici per gestire in maniera corretta e adeguata la struttura cooperativa, ottenere agevolazioni importanti e soddisfare i principi mutualistici cui son legate le società.

Affronteremo insieme le numerose problematiche legate alla sua corretta predisposizione ( dall’atto costitutivo  con previsione dei Ristorni e del principio mutualistico alle corrette impostazioni dei Regolamenti interni, alle assunzioni e ai rapporti con il Ministero dello Sviluppo economico e le comunicazioni  ai soci per le corrette richieste di adesione ai contributi biennali  per finire ai contratti ) delineano spesso anche nei confronti degli Enti predisposti e al fine di identificare la mutualità prevalente  la possibilità di gestire correttamente l’attività o il cambiamento del regime societario ( poiché magari non adatto)

Vuoi saperne di piu? inviaci un quesito gratuito compilando il nostro form di contatto

Creare un’impresa cooperativa necessita la conoscenza di alcuni elementi di base che di seguito riportiamo e la sezione caratteristica in cui la cooperativa  si dovrà posizionare: 
– Cooperativa Sociale;
– Cooperativa Edilizia;
– Cooperativa di Produzione e Lavoro;
– Cooperativa di Servizi.( editoriali di trasporto di credito etc)
-* Cooperative Agricole.
 
Per costituire una cooperativa occorrono almeno 3 persone e un consiglio di amministrazione del quale solo uno può essere anche un non socio. La cooperativa è una società senza fini di lucro e tutti gli avanzi di gestione costituiscono patrimonio sociale  e possono essere destinati agli investimenti, allo sviluppo dell’attività d’impresa, alla’ istituzione di servizi comuni, alla formazione ed elevazione delle capacità professionali dei soci. La cooperativa è una società a responsabilità limitata. L’Atto costitutivo avviene con la presenza di un. La quota sociale minima è di 25 euro per ciascun socio ma, nella pratica, questa cifra è più alta per far fronte alle prime spese costitutive 
 
Tra le valutazioni preliminari  è possibile effettuare anche la fattibilità economica dell’idea imprenditoriale attraverso la stesura di un business plan. A seconda del tipo di attività, inoltre, si valuta qual è il tipo di cooperativa che conviene fare: una cooperativa sociale, una di produzione e lavoro, una di servizi piuttosto che un’ agricola o una forestale. Le prime spese da affrontare sono la costituzione presso un notaio che si aggira attorno ai 1.700 euro. Poi occorre acquistare i libri sociali (libro verbali assemblee, libro verbali consiglio di amministrazione etc.) 
 
Le cooperative sono soggette, inoltre, ad un’a ispezione biennale che certifica il mantenimento dei requisiti mutualistici che sono condizione imprescindibile per accedere ai benefici fiscali.  Questa revisione viene in genere svolta dal Ministero dello Sviluppo Economico ovvero da un’associazione riconosciuta di cooperative ( es  Confcooperative).
Il costo di gestione di una Cooperativa varia  a seconda del fatturato, del capitale sottoscritto, del numero di soci e della tipologia di cooperativa Engage Consulting offre questo servizio a partire da 1.800,00 euro oltre Iva annuo.  
 
Turismoefisco by Omnia Consulting può  seguire in tutto e per tutto la società  società semplificandone il lavoro amministrativo e prendendo in carico tutti gli obblighi fiscali, tutelando al meglio l’attività in tutte le sue caratteristiche peculiari.
 
 
 
         
  Analizzeremo insieme la normativa e compiremo le giuste scelte; ci occuperemo dei vostri documenti e vi forniremo gli strumenti e le strategie per crescere con successo e in tranquillità per arrivare all’obiettivo di:

  • Assicurarvi che tutti i documenti e gli obblighi di legge siano correttamente effettuati;
  • Ridurre il tempo necessario per la burocrazia amministrativa, in modo da dedicarvi maggiormente all’attività vera e propria;
  • Permettervi di crescere in sicurezza;
  • Analisi della corretta predisposizione dell’atto costitutivo
  • Un Commercialista specializzato
  • Bilanci aggiornati e commentati
  • Analisi dei documenti giustificativi (quietanze di pagamento/
  • Ricevute di iscrizione, verbali e richieste di iscrizione soci gestione del deliberazioni del consiglio di Amministrazione)
  • Automatizzazione del Libro di Prima Nota e controllo dei dati inseriti;
  • Contratti di Lavoro gestione del Regolamento interno L.142/2001 e interni
  • Certificazione Unica e modelli 770
  • Assistenza alla Revisione Biennale obbligatoria, calcolo contributo annuo e del 3% sugli utili;
  • Tenuta del Libro Unico del Lavoro;
  • Calcolo versamenti delle ritenute e dei contributi da operare;
  • Predisposizione e invio telematico dei modelli  Agenzia delle Entrate;
  • Predisposizione del libro soci e delle variazioni intervenute ;
  • Calcolo della mutualità prevalente inserimento nella Nota integrativa;
  • Calcolo e Versamenti periodici dell’IVA, mediante modello F24;
  • Calcolo e Versamenti imposte (IRES e IRAP);
  • Compilazione e Invio Modello UNICO ENC;
  • Compilazione e Invio Spesometro;
  • Controllo e aiuto alla corretta tenuta del Registro IVA Minori;
  • Consulenza anche telefonica via email e Skype ( se fuori Lazio)
  • Aiuto nella scelta del software specifico
  • Istituzione,analisi e controllo dei registri obbligatori.
  • Calcolo delle imposte per le società a mutualità prevalente: Le cooperativa a mutualità prevalente godono di agevolazioni fiscali, tra le piu importanti è opportuno segnalare che  nella  formazione del reddito imponibile non concorre il 30 per cento degli utili netti annuali;

    – se destinato  di riserva legale: concorre il 30 per cento degli utili netti

    – non concorre la rimanente quota degli utili netti se destinata a riserva indivisibile;   -non concorre la quota del 3 per cento degli utili netti destinata obbligatoriamente ai fondi mutualistici;

    Per questo nelle cooperative a mutualità prevalente  la non applicazione dell’articolo 12 della legge 904/1977 prevista sul 30 per cento degli utili netti sulla  loro imponibilità  è disposta indipendentemente dalla loro destinazione, quindi sia nel caso in cui siano destinati a riserva indivisibile che diversamente. 

    Tutte le altre cooperative e i consorzi che non  detengono i requisiti della mutualità prevalente, l’agevolazione si applica limitatamente alla quota del trenta per cento degli utili netti annuali destinati a riserva legale, sempre che tale quota, per espressa previsione statutaria, venga accantonata a riserva indivisibile

    Viceversa le le cooperative senza clausole mutualistiche , non avendo accesso ai benefici fiscali, subiscono una tassazione piena e dovranno accantonare al fondo di riserva legale il 20 per cento degli utili netti annuali. Ovviamente, queste cooperative non devono rispettare alcun vincolo di destinazione degli utili a riserve indivisibili. 

    vediamo insieme un esempio: 

    Utile lordo …………………………………………………………………………………1.000,00 

    Variazioni fiscali in aumento        ……………………………………………………… 200,00 

    accantoniamo l’intero utile a riserva indivisibile: ……………………………….   .1.000,00

    utile netto ……………………………………………………………………………………835,00 Variazioni in aumento ……………………………………………………………………..200,00

    Quota utile imponibile ……………………………………………………………………..251,00 Variazioni in aumento per imposte……………………………………………………… 165,00 

    Totale variazioni in aumento ……………………………………………………………..616,00

  • Variazione in diminuzione per utile netto……….. – Quota utile imponibile           251,00  Riserva minima ………………………………………………………………………….   251,00 

    Quota accantonata a riserva indivisibile ………………………………………………..333,00 

    Quota fondi mutualistici 3%………………………………………………………………. 25,00

    Totale variazioni in diminuzione …………………………………………………………951,00 

    Reddito imponibile 500,00 …………………………………………………..IRES……. 165,00 

    utile netto pari …………………………………………………………………………….. 835,00 

    Il calcolo da effettuare prevede uno schema determinato in modo che è necessario calcolare l’importo dell’utile netto e delle imposte indeducibili mediante una sequenza crescente in cui ciascun elemento della serie è maggiore di quello che precede, ma, essendo l’incremento sempre minore, la sequenza si arresta a un dato arrotondamento prestabilito 

Contattaci ora al n. 392.064.6169 anche  oppure via email spiegandoci le tue esigenze.


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Gestione in Bilancio e fiscale del sito internet

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ammortamento sito internetGestione in Bilancio e fiscale del Sito Internet

E’ diventato oramai uno strumento di lavoro e di marketing irrinunciabile per chiunque: ci riferiamo al sito internet aziendale che può essere istituito per scopi diversi  ma quasi sempre per ampliare la propria offerta commerciale di beni o servizi e accaparrare nuovi clienti praticamente in ogni luogo. Ma le attività su internet si sono moltiplicate a dismisura negli ultimi anni, sono sempre di più le persone che scelgono il web per avviare una propria attività. Vediamo allora come le spese sostenute per la creazione o realizzazione di un sito web, siano detraibili come costi sostenuti e in quali modi e tempi porteremo a casa l’intero ammortamento del costo sostenuto.

Un sito web è formato da un’insieme di pagine, immagini, a volte musiche e video internet correlate tra loro, visibili da chiunque, e raggiungibili attraverso un indirizzo internet, ( oramai anche senza il prefisso del WWW) che presentano una struttura a volte semplice a volte articolata e complessa ma nella maggior parte dei casi diretta alla fornitura di informazioni o alla possibilità di acquisto di prodotti o servizi dell’azienda.

Un sito internet può essere composto da un semplice linguaggio di base ( es html ) o composto anche da software applicativi che consentono, all’interno del sito, si inviare e gestire informazioni attraverso una piattaforma interna, con accesso a un’area riservata e interazione tra cliente/fornitore di un determinato bene o servizio.

E’ ovvio che la complessità del lavoro effettuato per la realizzazione del sito può essere diversa a seconda dei casi e quindi anche i costi di realizzazione e di mantenimento, integrati con il pagamento di licenza d’uso per la gestione di eventuali software di gestione del servizio possono comportare dei costi notevoli che l’azienda deve sapere correttamente inquadrare nella gestione della propria contabilità.

Per capire bene come funziona il nostro sito cerchiamo quindi di comprendere meglio ad esempio  la distinzione tra software di base e software applicativi.

Il software di base ( software operativo) è composto dalle procedure e dai programmi necessari per il funzionamento dei computers  senza i quali non potrebbero effettuare il loro lavoro; pensiamo ad esempio al windows 10.

 software applicativi, invece, sono costituiti dall’insieme di procedure e istruzioni che consentono al computer  di assolvere specifiche funzioni in grado di rispondere alle esigenze dell’utente.

Istallare quindi un software di base è un’operazione fondamentale affinché il sistema funzioni correttamente e  ne consegue che il relativo costo di acquisto debba pertanto essere considerato unitamente a quello del cespite sui cui è installato. Tale considerazione  è prevista dall’applicazione del principio contabile OIC 16  relativo alle “Immobilizzazioni materiali” che prevede quindi che il costo del software di base, unitamente a quello dell’hardware, venga ammortizzato nel tempo a partire dal momento in cui il bene ( hardware e software di base ) entrano a far parte del processo produttivo con ragguaglio alla durata del periodo d’imposta se inferiore o superiore ai dodici mesi.

Nel caso del sito internet l’intera realizzazione dello stesso composta dalla creazione del sito stesso con le pagine fondamentali per la visualizzazione anche su dispositivi mobili (cd responsive web design) va considerata in questa ottica.
Mentre la realizzazione di software applicativi correlati ( es forum, e commerce, piattaforme etc )  si presenta, invece, più  complessa da inquadrare per la sua corretta  imputazione in bilancio.

Per far questo dobbiamo analizzare attentamente la composizione dei software applicativi e distinguere tra i seguenti casi:

  • se il software applicativo viene acquistato  o fatto realizzare con licenza d’uso propria a tempo indeterminato allora siamo in presenza di un bene strumentale e come tale il software dovrà essere iscritto nell’attivo patrimoniale come diritto di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno ai sensi del principio contabile OIC 24 entrerà a far parte delle Immobilizzazioni immateriali dell’azienda.
  • se il software viene acquistato già pronto da qualcuno che lo ha realizzato per rivenderlo allora siamo in presenza di una licenza d’uso a tempo determinato che andrà invece iscritta come concessioni, licenze, marchi e diritti simili  ed ai fini fiscali considereremo la durata dell’ammortamento parallelamente al periodo durante il quale è stata acquistata la licenza.
  • se il software viene autoprodotto in azienda se non sia stato registrato , i relativi costi possono essere dedotti interamente nell’esercizio di effettivo sostenimento ( esempio fatture di un informatico ovvero il costo del dipendente che materialmente lo ha realizzato).

In linea generale,  i costi sostenuti per la realizzazione e l’implementazione del sito internet andranno capitalizzati come beni strumentali; tale procedimento trae la sua logica nel fatto che il sito internet possa dimostrare un’utilità futura nel processi di vendita o di crescita aziendale in termini di incremento dell’efficienza e della competitività e stimando che nel tempo futuro si potranno recuperare i costi sostenuti per la realizzazione.

La gestione segue una logica come descritta poiché nessuna norma civilistica né i principi contabili nazionali contengono disposizioni specifiche sulla contabilizzazione e l’iscrizione in bilancio dei costi sostenuti per la realizzazione dei siti web aziendali.

Ad ogni modo nella realizzazione di un portale web che ad esempio integri il sito web tradizionale con sistemi gestionali accessibili dall’esterno (es piattaforma) sarà bene ripartire il costo complessivo tenendo conto delle due componenti e soprattutto richiedere una certificazione che attesti tale ripartizione  al soggetto incaricato della realizzazione del sito. quota attribuibile ad ogni esercizio.

Il Dominio internet

Una particolare attenzione va fatta per il dominio con il quale viene gestito il sito che, in molti casi, può assumere un valore notevole o addirittura essere acquistato per un valore notevole ( secondo l’importanza strategica, i precedenti accessi, le visualizzazioni etc)

Il dominio internet è il nome che contraddistingue in maniera univoca un server o un sito web e può essere acquisito esclusivamente in concessione per l’utilizzazione e mai in proprietà.
Le spese sostenute per l’utilizzo del dominio vanno capitalizzate  come “Concessioni, licenze e simili”, mentre le altre spese sostenute in vista dell’acquisizione del dominio, devono essere considerate costi pluriennali.
Spesso il dominio può diventare anche oggetto di marchio aziendale e registrato come tale; in questo caso il dominio segue il marchio.

La condizione per iscrivere un dominio internet come marchio in bilancio è che lo stesso sia identificabile nel patrimonio aziendale e abbia piena individualità da poterlo distinguere dall’azienda.
Fiscalmente, le quote di ammortamento dei marchi sono deducibili in misura non superiore ad 1/18 del costo sostenuto ovvero  derivante da eventuale perizia.

 


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Marketing telefonico: telemarketing tecniche e consigli utili

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Marketing telefonico: telemarketing tecniche e consigli utili 

Telemarketing una strategia di vendita per incrementare il business aziendale.

Marketing telefonico: telemarketing tecniche e consigli utili

L’alta competitività del mercato negli ultimi anni sta spingendo le aziende ad innovare sempre più le tecniche da utilizzare per raggiungere i propri clienti ed incrementare le vendite. Una delle tecniche utilizzate è sicuramente il marketing telefonico in outbound. Ecco quindi che necessita il Marketing telefonico: telemarketing tecniche e consigli utili. Vendere attraverso il telefono, questo utilissimo mezzo di comunicazione non ancora surclassato dall’e-mail richiede però la conoscenza di specifiche tecniche fornite da molteplici campi di studio come la psicologia e le neuroscienze.


Il telemarketing può essere utilizzato per raggiungere diversi obiettivi:

  • fissare appuntamenti;
  • rispondere a telefonate di potenziali clienti  che hanno conosciuto i prodotti o servizi aziendali su altri canali di vendita (es. pubblicità in televisione o internet);
  • richieste spontanee derivanti da passa parola di altri clienti;
  • vendita diretta.

Quando conviene utilizzare il telemarketing?

Il telemarketing è un’utile soluzione a disposizione delle imprese che intrattengono rapporti a distanza con i loro clienti o che non hanno una rete vendita b2c sufficientemente efficace oppure che abbiano sviluppato delle pubblicità di varia natura ( televisive, internet) e vogliano ” catturare” il potenziale cliente su richieste dettate dall’impatto emozionale. Inoltre, questa tipologia di marketing può anche essere utilizzata quando si realizza un nuovo prodotto o servizio oppure si propongono pacchetti ed offerte particolari o riformulare la proposta di vendita: si tratta infatti di uno dei più potenti mezzi di divulgazione a disposizione delle aziende.

Sono due le modalità di telemarketing che solitamente vengono svolte nei Call center:

Outbound telemarketing: questa modalità si realizza quando un operatore contatta uno o più clienti anche con l’utilizzo di banche dati forniti dall’azienda stessa o società collegate o partecipate;
Inbound telemarketing: questa modalità invece si realizza quando è il cliente stesso che contatta l’azienda telefonicamente. In questo caso l’operatore dovrà preliminarmente fornire tutte le informazioni che il cliente richiede per poi dirottarlo verso un appuntamento specifico con il venditore oppure la formulazione di un preventivo connesso all’acquisto del prodotto/servizio fornito dall’azienda.

Tecniche di vendita telefonica: consigli utili per vendere di più

A prescindere da quello che sarà l’obiettivo di marketing telefonico fissato e dalla tecnica di vendita telefonica che vogliate utilizzare, occorre tener conto di questi aspetti fondamentali per incrementare le possibilità di successo della vostra attività:

Essere positivo ed entusiasta: in una telefonata si nota immediatamente dal tono della voce se si è entusiasti o depressi per ciò che si sta proponendo. È fondamentale farsi sentire positivi ed utilizzare forma comunicativa dialogica e colloquiale;
Tono della voce: occorre, innanzitutto, fare attenzione al volume della voce per non creare fastidio nell’ascoltatore. Bisogna essere chiari e comprensibili, senza mostrarsi insicuri;
Ascoltare l’interlocutore: mai interrompere il vostro interlocutore perché potrebbe sentirsi poco considerato; alcuni potenziali clienti debbono essere rassicurati e gestiti vista la molteplice concorrenza diffusa nel settore.
Raccolta informazioni: è possibile porre diverse domande all’interlocutore per raccogliere una serie di informazioni da poter riutilizzare eventualmente quando si avrà la possibilità di un nuovo contatto;

Cos’è il registro delle opposizioni?

E’ la bestia nera del telemarketing, ovevro un servizio di tutela per i consumatori che non intendono ricevere telefonate commerciali o per ricerche di mercato presso la propria abitazione o il proprio numero telefonico mobile.

L’istituzione di un registro di questo tipo è avvenuta grazie alla pressione effettuata dalle associazioni dei consumatori che hanno palesato l’esigenza di non ricevere più telefonate di disturbo. Si tratta anche di un modo per evitare spiacevoli inconvenienti alle stesse aziende e per garanti maggior ordine e trasparenza a chi intende servirsi del telemarketing.

Un consumatore se non desidera più essere contattato dagli operatori di telemarketing può abbonarsi iscrivendosi gratuitamente al Registro attraverso cinque modalità: modulo elettronico sul sito web, posta elettronica, telefonata, lettera raccomandata e fax. In caso contrario varrà il principio del “silenzio assenso” e le aziende potranno continuare ad utilizzare numeri non registrati per proporre i loro prodotti e servizi.

Esempio di script telemarketing

Difficile dire quale sia lo script più efficace da utilizzare per una telefonata commerciale e raggiungere facilmente l’obiettivo che si è prefissato. In ogni modo, uno dei sistemi collaudati e più efficaci da seguire durante una telefonata commerciale può essere questo:

Salutare in maniera educata il nostro interlocutore mostrandosi gentili e “vicini a distanza”. Se, ad esempio, si conosce il nome della persona telefonata, un buon modo per rompere il ghiaccio, creare un rapporto interpersonale ed empatico potrebbe essere nominarlo;
Non mostrarsi in alcun modo timorosi di ricevere un rifiuto, cercando di arrivare il più velocemente possibile al punto. Potrebbe essere utile accennare subito in prima battuta ai motivi della telefonata e ai vantaggi che si potrebbero ricavare per l’interlocutore;
Aprire l’agenda e rilanciare tempestivamente una data verosimile per l’incontro commerciale;


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Fac simile compenso amministratore unico di srl e società

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compenso amministratore unico

Il compenso dell’Amministratore unico di SRL e società

Spesso nelle aziende di piccole e medie dimensioni il compenso per l’ammini-stratore è uno dei nodi centrali che caratterizza la gestione fiscale di una società. La natura del compenso, la sua quantificazione, le modalità di erogazione, l’assegnazione in uso di un’autovettura, l’obbligo dell’iscrizione all’INPS presso la gestione dei commercianti, partita IVA etc, sono tutte problematiche che attraversano l’Azienda nella sua analisi di costi e di gestione. Vediamo insieme di capire meglio determinate caratteristiche tipiche di questa problematica.

L’amministratore unico nelle cooperative: Il Ministero dello Sviluppo Economico certo non vede di buon occhio che la cooperativa sia amministrata da un amministratore unico, questo perché in tal modo non può essere assunto e non avrebbe parità di trattamento rispetto agli altri soci lavoratori; per questo la tendenza dei revisori è quella di far costituire  consigli di amministrazione che invece possono essere assunti tutti come dipendenti  ai fini della mutualità prevalente.

L’amministratore unico nelle S.S.D.: il compenso in questi casi viene negato dallo statuto e se erogato  potrebbe essere considerato quale distribuzione indiretta di utili ai soci ( soci e amministratori)  e causare la perdita delle agevolazioni fiscali  vedere anche fac simile compenso amministratore srl

In tutti i casi, gli Amministratori che prestano la loro opera per la società ( e quindi anche nella cooperativa) percepiscono un compenso che può essere commisurato:

    • in misura fissa ( contabilizzato in bilancio secondo il principio di cassa allargato) il pagamento mediante assegni bancari si considera effettuato quando il destinatario lo riceve; nel caso di bonifico bancario la data che vale è quella che attesta l’accredito sul conto corrente dell’Amministratore;
  • in percentuale variabile in base agli utili; in questo caso il compenso viene calcolato sugli utili netti da bilancio al netto della quota imputata a riserva e viene assoggettato a contributo INPS;
  • in misura mista ovvero compenso fisso più provvigione sugli utili.

ATTENZIONE: Il compenso deve  deve essere deliberato dall’assemblea dei soci all’atto della nomina o anche successivamente  ogni anno e pagato con periodicità mensile, trimestrale o annuale.

Il principio di cassa allargato

Per la deducibilità  del compenso erogato all’amministratore è necessario che questo  venga pagato nel corso dell’anno di competenza ( esempio entro il 31/12) ; sugli eventuali contributi pagati ( co.co.co ) vige il principio di competenza anche se materialmente pagati  entro il 16 del mese di gennaio dell’esercizio successivo.

ATTENZIONE: se l’amministratore percepisce un compenso non deliberato dall’assemblea dei soci o compenso superiore a quello stabilito, soprattutto in caso di insolvenza dell’azienda o di oggettiva crisi, può incorrere in sanzioni di tipo penale per danno patrimoniale previsto dall’art. 2634 del codice civile.

Il compenso attribuito senza la delibera, è stato anche oggetto di sentenza della  Cassazione  n. 21933/2008, sentenze n. 20265/2013 e n. 5349/2014, è nullo e pertanto non deducibile dal reddito.

Anche la gratuità della prestazione a opera dell’Amministratore dovrà essere prevista dallo statuto o da un’apposita delibera dell’assemblea e confermata dallo stesso amministratore al fine di evitare un accertamento induttivo da parte dell’Agenzia delle entrate che di norma  presume l’esistenza di un rapporto a titolo oneroso ed eventuali richieste di pagamento del compenso che l’Amministratore potrebbe richiedere al giudice.

Compenso ritenuto eccessivo

Altra situazione in cui è intervenuta la cassazione è quella del compenso dell’amministratore ritenuto eccessivo per l’attività prestata; (sentenza n. 3243 del 11 febbraio 2013 e sentenza n. 9036 del 15 aprile 2013).

L’agenzia delle entrate può sempre contestare  l’entità del compenso corrisposto dalla società all’amministratore, rilevando in questo i caratteri tipici dell’elusione fiscale ( trasferimento del reddito conseguito dalla società all’amministratore per pagare meno imposte) nell’ ipotesi che esso sia eccessivo e non  trovi giustificativo nell’attività prestata dallo stesso rispetto alla natura aziendale, al fatturato conseguito e a una  una valida ragione economica;
L’ amministratore unico di una società di capitali, di fatto può essere equiparato all’ imprenditore, con la conseguenza che quanto da lui percepito a titolo di compenso, non è deducibile dal reddito d’impresa.

L’amministratore e i contributi INPS 

Il socio amministratore di Srl che esercita anche l’attività imprenditoriale di fatto partecipa anche all’ attività lavorativa della società  e quindi è  tenuto al versamento dei contributi alla gestione separata ( per i compensi da questi percepiti) ed anche alla gestione commercianti o artigiani dell’Inps.

Pertanto la contribuzione INPS è una delle problematiche cui si trova a far fronte l’amministratore dal momento in cui accetta la carica e, come vedremo in seguito questo può portare al pagamento di due diverse gestioni previdenziali gestite entrambe dall’ INPS:

    • la gestione separata a carico per un terzo dell’amministratore e per due terzi dell’azienda che grava solo sui compensi percepiti nell’anno come da delibera assembleare;
  • la gestione commercianti o artigiani che invece grava in misura fissa, con il presupposto che l’amministratore ( socio lavoratore)  partecipa attivamente all’attività aziendale.

Con l’entrata in vigore del D.L. n. 78/2010, c’è stato un chiarimento oggettivo sulla doppia imposizione INPS nei confronti dell’amministratore fornendo  una interpretazione efficace  delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 208, della Legge n. 662/1996.

In pratica il senso è che le attività autonome per le quali opera il principio dell’iscrizione alla gestione Inps relativa all’attività svolta in maniera prevalente, siano quelle di impresa svolte da artigiani commercianti e coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’Inps.
Restano, quindi, esclusi dal principio dell’iscrizione alla gestione Inps relativa all’attività svolta in precedenza, i rapporti di lavoro per i quali sia obbligatoria l’iscrizione alla gestione separata dell’Inps, di cui all’articolo 2, comma 26, Legge n. 335/1995, come il caso dei soci amministratori di Srl che percepiscono un compenso.

Così, il socio amministratore di Srl, che svolge attività di commerciante nella sua impresa, come amministratore è tenuto ad iscriversi nella gestione separata, e come commerciante è tenuto ad iscriversi anche nella gestione commercianti, a condizione che partecipi personalmente ed abitualmente al lavoro aziendale.

Nel caso del socio amministratore di Srl, che svolga una sola attività tra quelle di commerciante, ai fini dell’obbligo dell’iscrizione nella corrispondente gestione, diventa cruciale, valutare con la massima attenzione il carattere personale e abituale dell’attività lavorativa del socio. E’ indubbio quindi che dovremo analizzare attentamente questo aspetto riferendoci anche questa volta alla circolare n. 78/2013 che ci da alcune indicazioni in merito:

    1. La sistematicità e reiterazione della prestazione, che potrebbe essere anche di breve durata, di poche ore al giorno e non tutti i giorni;l’abitualità può manifestarsi anche nella realizzazione di un singolo affare diretto al conseguimento di un profitto e che richieda una organizzazione complessa e articolata;
  1. La presenza o l’ assenza di altri dipendenti!

Questo è uno degli elementi  più importanti  poiché se nella società operano uno o più dipendenti che materialmente producono il fatturato aziendale la figura dell’amministratore può essere quella classica e non anche di socio lavoratore direttamente coinvolto nei processi produttivi aziendali; viceversa sarà indubbio che il fatturato aziendale viene prodotto con l’ausilio dell’opera del’amministratore- socio lavoratore.

3.l’attività lavorativa può avere tanto un contenuto esecutivo, quanto un contenuto organizzativo e direzionale, contenuti che vanno analizzati e capiti bene nella loro esecutività.

Rimborso spese amministratore che utilizza auto propria

Il drastico taglio  arrivato al 20% della deduzione dei costi per le auto aziendali penalizza fortemente le imprese  e in particolare  quelle medio piccole che assegnano l’ ?autovettura in uso all?’ amministratore.
E’  preferibile, da un punto di vista fiscale, autorizzare l?amministratore all?utilizzo della propria auto personale, rimborsandogli le spese sostenute.

In questo caso i rimborsi spese sono interamente deducibili dal reddito e non rappresentano invece reddito per l’ ?amministratore che li percepisce.

Il trattamento di fine mandato e la tassazione fiscale

Anche questo spesso è uno dei temi più scottanti nelle verifiche fiscali e parte dal presupposto che l’azienda si impegni  ad accantonare una specifica indennità a favore dell’ Amministratore  da corrispondere a fine mandato analogamente come avviene per il personale dipendente.
Cominciamo subito col dire che l’importo accantonato deve essere deliberato dall’assemblea dei soci con il consiglio di effettuare un verbale per l’accettazione della carica e in un momento successivo procedere alla  eventuale delibera per l’accantonamento del Trattamento di Fine mandato. E’ necessario anche  capire la composizione societaria poiché se l’amministratore è anche socio o addirittura si configura come unico socio la problematica del conflitto d’interesse e la particolare situazione potrebbe fare recuperare gli importi. Inoltre è opportuno sapere che la procedura non può essere applicata all’amministratore che è anche lavoratore autonomo quindi in possesso di partita IVA e attività professionale o autonoma in genere.

Sarebbe inoltre opportuno registrare il verbale della previsione del Trattamento di fine mandato ( anche con raccomandata a plico) allo scopo di rendere la data certa  che attribuisce all’Amministratore il diritto a questa indennità.
In questo caso la società può dedurre per competenza il Trattamento di fine mandato alla fine del mandato eroga l’indennità al netto della ritenuta d’acconto del 20% e l’indennità incassata dall’Amministratore sarà soggetta a tassazione separata

La data certa e anteriore può anche essere certificata, con un piccolo investimento supplementare, anche dal verbale di Assemblea redatto da un Notaio ovvero con l’ autentica firme della delibera assembleare sempre un Notaio.

La procedura notarile, anche se più onerosa ha sempre una maggiore validità anche nei confronti di un potenziale accertamento ma per chi preferisce un risparmio sostanzioso è sempre possibile la registrazione della delibera Assembleare presso l’ Agenzia delle  Entrate  ovvero l’ invio all’Amministratore della delibera con il sistema della raccomandata in plico senza busta.

Se invece manca il presupposto della data certa nella documentazione per la data anteriore all’inizio del rapporto di Amministratore la deducibilità del Trattamento di fine mandato è nell’esercizio del  pagamento e non per competenza, per effetto della risoluzione Agenzia delle Entrate n. 211/2008).

Inoltre la  società, al momento del pagamento, non applica la ritenuta d’acconto del 20% ma rilascia il cedolino paga come nel caso di un compenso normale e l’ importo è soggetto a contribuzione previdenziale; il  il compenso è soggetto a tassazione ordinaria .
Il decreto Legge n. 201-2011 ha stabilito che l’Amministratore può usufruire della tassazione separata per importi di TFM fino ad euro 1.000.000 e che l’eventuale eccedenza concorre invece alla formazione del reddito complessivo e quindi soggetta alla tassazione ordinaria .
La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 3/E  del 2012 ha precisato che per la verifica della franchigia di 1.000.000 di euro è necessario considerare le indennità complessivamente erogate e in caso di TFM superiore al milione di euro per determinare l’aliquota da applicare per la tassazione separata ( reddito di riferimento) occorre assumere anche il valore lordo eccedente euro 1.000.000 da assoggettare a tassazione ordinaria).
Ai sensi della predetta circolare la deduzione dell’accantonamento a titolo di TFM da parte della società sarebbe ammessa nell’anno di effettiva erogazione dell’indennità, in relazione ai rapporti privi di data certa e  in base al principio di competenza economica, in presenza di un atto avente data certa anteriore all’ inizio del mandato.


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La deducibilità dei costi auto

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deducibilita costi autoLa deducibilità dei costi auto

I costi sostenuti per l’ autovettura rappresentano indubbiamente  i maggiori indiziati nei casi di accertamento e nella deducibilità nonché oggetto di riprese fiscali nei bilanci di aziende e imprese individuali; sono quelli presi sempre sotto esame e demonizzati. Cerchiamo quindi di fare chiarezza con un articolo di facile e veloce consultazione, che speriamo faccia meglio comprendere  le percentuali di deducibilità del costo e di detraibilità dell’IVA sull’acquisto e la gestione delle auto (automobili, autovetture o autoveicoli per il trasporto di persone) a seconda nello specifico campo di attività della vostra azienda.

Partiamo dalla normativa attualmente in vigore derivata dalla legge di Stabilita’ per il 2013, che ha modificato l’art. 164 comma 1 del Tuir, prevedendo  la riduzione della percentuale di deducibilità per gli autoveicoli aziendali (ovvero auto non utilizzate esclusivamente come beni strumentali da imprese e professionisti) in questi modi:

  • autoveicoli non utilizzati esclusivamente come beni strumentali da imprese e professionisti: per questi  la percentuale di deducibilità del costo è pari al 20% (da applicare fino ad un costo massimo fiscalmente riconosciuto pari ad euro 18.075,99);
  • autoveicoli assegnati in “uso promiscuo” a lavoratori dipendenti  per i quali la percentuale di deducibilità del costo è pari al 70%;
  • agenti e rappresentanti di commercio; per loro rimane tutto  invariato ovvero 80% il costo annuo fiscalmente riconosciuto e euro 25.822,84 euro il massimale di costo per l’acquisto dell’auto.

A questo punto è necessario capire l’inquadramento dellla specifica attività esercitata che può sussistere in:

  • autovettura concessa in uso promiscuo al dipendente o all’amministratore.
  •  un agente o un rappresentante di commercio.
  • azienda che fa un uso dell’auto non esclusivamente strumentale all’attività;
  • azienda che per la specifica attività che svolge ( es taxi autonoleggio, autotrasporto, scuole guida, pompe funebri  etc ) fa  un uso dell’auto esclusivamente strumentale all’attività;
  •  Esercente Arti o Professioni ( Professionista lavoratore autonomo in possesso di partita Iva che sia o meno iscritto a un albo professionale) ;

Ma quali sono i costi da considerare per la detraibilità che deve essere vista con due concetti differenti ovvero quello relativo alla deducibilità del costo e quello relativo alla detraibilità dell’IVA.

Prima di addentrarci nella lettura  di una tabella esemplificativa e di veloce consultazione delle specifiche percentuali di detrazione e deducibilità analizziamo con cura quali sono i costi da considerare e che coinvolgono il panorama delle autovetture:

  • ammortamento del costo d’acquisto ( costituito dalla ripartizione negli anni del costo ivi inclusa la parte dell’IVA non detratta);
  • canoni di leasing ( inclusa IVA non detratta);
  • spese di locazione e di noleggio ordinario o a lungo termine;
  • carburanti e lubrificanti ( da schede carburante);
  • assicurazione ( il costo di competenza dell’anno valevole solo per il costo);
  • spese di manutenzione e riparazione;
  • spese di custodia (locazione di autorimesse, parcheggi etc ).

Percentuali di deducibilità e detrazione:

Tipologia  detraibilità Iva deducibilità costo
Professionisti /Artisti
Acquisto 40% 20%
Leasing 40% 20%
Noleggio 40% 20%
 Aziende con uso auto strumentale attività
 Acquisto 100% 100%
Leasing 100% 100%
Noleggio 100% 100%
 Aziende con uso auto non strumentale
Acquisto 40% 20%
Leasing 40% 20%
Noleggio 40% 20%
Agenti e Rappresentanti
Acquisto 100% 80%
Leasing 100% 80%
Noleggio 100% 80%
auto in uso Promiscuo
addebito busta paga
Acquisto 40% 70%
Leasing 40% 70%
Noleggio 40% 70%
Addebito con fattura
Acquisto 100% 70%
Leasing 100% 70%
Noleggio 100% 70%

ATTENZIONE: l’utilizzo dell’auto come bene strumentale per l’impresa viene inteso quello senza il quale l’attività di impresa non può essere esercitata; è il caso ad esempio del tassista o delle pompe funebri e di altre tipologie per cui bisogna fare estrema attenzione ad individuare nel modo corretto la situazione specifica caso per caso.

Mentre per le auto acquisite con contratti di leasing si ricorda che, con l’art. 4-bis del D.L. n. 16/2012 è stata eliminata, per i contratti stipulati dopo il 29 aprile 2012, la “durata minima del contratto”, rimanendo la deducibilità del costo parametrata a un periodo non inferiore al periodo di ammortamento risultante dall’applicazione dei coefficienti ministeriali, attualmente fissati dal D.M. del 31 dicembre 1988.

Infine analizziamo in maniera più approfondita il concetto dell’ auto data in uso promiscuo ai dipendenti che dobbiamo intendere come un uso concesso per la maggior parte del periodo di imposta ovvero  metà più uno dei giorni che compongono il periodo stesso. L’ uso deve essere comprovato da un documento specifico come ad esempio inserito nel contratto di lavoro del dipendente stesso oppure da lettera raccomandata al verificarsi di un tale evento che ne leggittimi l’uso stesso (esempio acquisizione di un cliente dove il dipendente dovrà andare a lavorare in sede) o altra tipologia. Nel caso di veicoli acquistati o ceduti nel corso del periodo di imposta l’uso al dipendente deve risultare per la maggior parte del periodo di possesso. Ai fini del computo del periodo non è necessario che tale uso sia avvenuto in via continuativa, né che il veicolo sia stato utilizzato da uno stesso dipendente. Poiché l’uso concesso al dipendente costituisce un compenso in natura, al dipendente beneficiario dovrà essere  attribuito un fringe benefit in busta paga. Ai fini della deducibilità dovranno quindi sussistere due prerequisiti:

  1. assegnazione, per la maggior parte del periodo di imposta, del veicolo al dipendente;
  2. attribuzione in busta paga di un fringe benefit pari al 30% del costo del veicolo in uso, come da tariffe ACI, corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15mila chilometri annui.

Se non sono soddisfatti i predetti requisiti valgono le regole generali di deducibilità per i veicoli a uso esclusivo aziendale non strumentali (vedi tabella).

ACQUISTO AUTO:

esercenti Arti e professioni

per le autovetture costo deducibile fino ad € 18.075,99, valore sul quale si applica l’aliquota di deducibilità;
per i motocicli costo deducibile fino ad € 4.131,66, valore sul quale si applica l’aliquota di deducibilità; si definiscono motocicli i veicoli a due o tre ruote con motore di cilindrata superiore a 50 cm3 o capacità di sviluppare una velocità oltre i 45 km/h. Quando non superano tutti e due i limiti sopra citati sono considerati ciclomotori.
per i ciclomotori costo deducibile fino ad € 2.065,83, valore sul quale si applica l’aliquota di deducibilità;

LEASING:

per le autovetture deducibile l’ ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al costo di un veicolo fino ad € 18.075,99 con ragguaglio annuo;
per i motocicli (sopra definiti) deducibile l’ ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al costo di un veicolo fino ad € 4.131,66 con ragguaglio annuo;
per i ciclomotori (sopra definiti) deducibile l’ ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al costo di un veicolo fino ad € 2.065,83 con ragguaglio annuo;

NOLEGGIO:

per le autovetture deducibile il costo del canone del noleggio fino ad € 3.615,20 con ragguaglio ad anno;
per i motocicli (sopra definiti) deducibile il costo del canone del noleggio fino ad € 774,69 con ragguaglio ad anno;
per i ciclomotori (sopra definiti) deducibile il costo del canone del noleggio fino ad € 413,17 con ragguaglio ad anno.

Agenti e Rappresentanti di commercio
I seguenti limiti sono invece validi per un Agente o un Rappresentante di commercio:

ACQUISTO:

per le autovetture costo deducibile fino ad € 25.822,84, valore sul quale si applica l’aliquota di deducibilità;
per i motocicli (sopra definiti) costo deducibile fino ad € 4.131,66, valore sul quale si applica l’aliquota di deducibilità;
per i ciclomotori (sopra definiti) costo deducibile fino ad € 2.065,83, valore sul quale si applica l’aliquota di deducibilità;
LEASING: deducibile l’ ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al costo di un veicolo fino ad € 25.822,84 con ragguaglio annuo;

per le autovetture deducibile l’ ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al costo di un veicolo fino ad € 25.822,84 con ragguaglio annuo;
per i motocicli (sopra definiti) deducibile l’ ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al costo di un veicolo fino ad € 4.131,66 con ragguaglio annuo;
per i ciclomotori deducibile l’ ammontare dei canoni proporzionalmente corrispondente al costo di un veicolo fino ad € 2.065,83 con ragguaglio annuo;
NOLEGGIO:

per le autovetture deducibile il costo del canone del noleggio fino ad € 3.615,20 con ragguaglio ad anno;
per i motocicli (sopra definiti) deducibile il costo del canone del noleggio fino ad € 774,69 con ragguaglio ad anno;
per i ciclomotori (sopra definiti) deducibile il costo del canone del noleggio fino ad € 413,17 con ragguaglio ad anno.

Autovettura concessa ai dipendenti in “Fringe benefit”

Le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti (per la maggior parte del periodo d’imposta) non sono invece soggette al limite massimo di deducibilità di € 3.615,20 annui.  Se però l’autovettura viene assegnata ad un amministratore o a più amministratori queste non rientrano tra le “auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti”.

 


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liquidazione di srl senza intervento del notaio

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La Liquidazione della SRL senza intervento del Notaio

Abbiamo aperto la nostra SRL o SRL semplificata magari con bassissimi costi di avvio perché credevamo fortemente in un business che non si è dimostrato vincente. Ora che abbiamo accertato che ci sono forti difficoltà cosa fare?  Se l'attività non va come dovrebbe la prima cosa è redigere un budget significativo di costi e ricavi specifici con le  proiezioni del periodo e se decidiamo che debba essere chiusa, anche se è un processo estremamente doloroso va fatto.


La cessazione di una impresa individuale o di una semplice attività professionale costituisce una  procedura  semplicissima e veloce, ci affidiamo al nostro consulente commercialista di fiducia e con costi molto contenuti non ci pensiamo più.

La chiusura e di una società di una SRL invece è abbastanza complessa e passa obbligatoriamente per due fasi :

A) la fase di accertamento e di messa in liquidazione ( che è successivamente anche revocabile);

B) la cancellazione ( irrevocabile).

ATTENZIONE: prima di procedere alla cancellazione della società è indispensabile verificare che non ci siano pendenze in corso perché la SRL perde la sua personalità giuridica autonoma e una volta cancellata non potrà più effettuare operazioni in proprio nome; trattandosi di una procedura estremamente delicata deve essere necessariamente valutata con l'ausilio del proprio consulente commercialista e avvocato di fiducia.

Sarà quindi opportuno verificare tra le altre cose che:

    • la società non possegga più alcun bene quale auto aziendali, beni strumentali contratti di leasing noleggio etc;
    • non abbia crediti o debiti da riscuotere;
    • abbia percepito il F.I.R.R. se trattasi di agente di commercio;
    • non abbia conti correnti bancari aperti;
    • non abbia cause di lavoro o di altro tipo in corso;
    • non abbia accertamenti fiscali, ruoli o cartelle esattoriali;
    • non abbia marchi o brevetti registrati;
  • abbia provveduto alla SCIA di chiusura se esercente attività commerciale.

La liquidazione della SRL è possibile se ricorrono le ipotesi di scioglimento previste dalla Legge (ex art. 2484 n. da 1 a 5) o dallo Statuto e che non comporta modifica dello statuto,  di norma viene effettuata dal notaio ma vista la sua onerosità, si è consolidata ormai da molti anni la prassi di effettuarla senza atto notarile tra quasi tutte le Camere di Commercio, che accettano ormai pratiche di messa in liquidazione senza la forma dell`atto pubblico notarile.

Non tutte le Camere di commercio accettavano tale procedura e quindi è stata necessaria la nota del 19 maggio 2014 prot n. 0094215 del  Ministero dello Sviluppo Economico (MiSe) ? dipartimento XXI con la quale il registro  delle imprese ha  fornito importanti conferme sulla procedura semplificata.

Il Ministero ha confermato che il verbale di nomina del liquidatore può non rivestire la forma dell'atto pubblico e quindi ha di fatto estromesso l'obbligo del Notaio che diventa quindi facoltativo. Viene ammessa pertanto la semplice delibera assembleare ordinaria  per nominare il  liquidatore  in tutti i casi di scioglimento previsti dall'articolo 2484, 1° comma, nn. 1-5, del codice civile, che non rappresentano quindi una volontà dei soci di modificare l'atto costitutivo.

Resta l'obbligo dell'intervento del notaio, quando l'assemblea dei soci deliberi la messa in liquidazione volontaria della società (articolo 2484, 1° comma, n. 6, c.c.).

Il controllo effettuato dal Registro Imprese è formale e non riguarda la validità sostanziale degli atti presentati per l'iscrizione, essendo questa rimessa alla responsabilità degli amministratori nella fase della loro adozione e alla valutazione del giudice ordinario in caso di impugnazione.

Ma vediamo in pratica come avviene questa procedura semplificata;

L’estinzione della società si compone in genere di tre fasi che corrispondono a tre pratiche da effettuare presso la competente Camera di commercio:

    1. L'assemblea delibera il verificarsi di una causa di scioglimento (di solito l'impossibilità del raggiungimento dell'oggetto sociale o il capitale al di sotto del limite legale);
    1. la messa in liquidazione con nomina del liquidatore ( seconda pratica ;
  1. la cancellazione della società dal Registro delle Imprese con deposito del Bilancio finale di liquidazione (terza e ultima pratica).

Ma quali sono i casi in cui è possibile richiedere la liquidazione?

Nelle società di capitali e quindi anche per  SRL e SRL semplificate , lo scioglimento può essere causato dalla impossibilità di funzionamento o dalla  inattività da parte dell’assemblea, la dichiarazione di nullità della stessa società, la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale (fatta salva la previsione degli articoli 2447 e 2482-ter codice civile), l’impossibilità di liquidare la quota del socio receduto, per deliberazione dell’assemblea e per le altre cause previste dall’atto costitutivo e dallo statuto.
Queste cause oggettive di scioglimento operano di diritto, quindi non serve un accertamento quale, ad esempio, una delibera in tal senso da parte dei soci, o giudiziale, come un decreto da parte del Tribunale o necessariamente il ricorso all’atto pubblico notarile.
Lo stesso Ministero dello Sviluppo economico  ha specificato che il verbale di nomina del liquidatore non deve necessariamente avere la forma di atto pubblico. E’ consentita quindi legittimamente ( e inoppugnabile da parte delle Camere di Commercio)  la semplice delibera assembleare per nominare i liquidatori  in tutti i casi di scioglimento previsti dall’articolo 2484, 1° comma, nn. 1-5, del codice civile, che non rappresentano quindi la volontà dei soci di modificare l’atto costitutivo. E’ invece obbligatorio l’intervento del notaio, quando l’assemblea dei soci deliberi volontariamente per altri motivi   la messa in liquidazione  della società.

In questi casi è sempre opportuno inoltre possedere la firma digitale da parte dell’amministratore unico, o del presidente del consiglio di amministratore e da parte del futuro liquidatore. In molte Camere di Commercio non è estremamente necessaria, ma è sempre bene averla anche per velocizzare le procedure.

La procedura semplificata prevede che l’organo amministrativo, accertata la causa di scioglimento ex art. 2484 c.c., deposita la constatazione al Registro Imprese e convoca l’assemblea per la nomina dei liquidatori. Con il verbale di nomina dei liquidatori si apre il procedimento di liquidazione affidato ai liquidatori, i quali si sostituiscono all’organo amministrativo e depositano le loro nomine al Registro Imprese.

Il costo per la liquidazione con la procedura semplificata è mediamente il 60% rispetto a quello ordinario che prevede l'intervento del notaio.

Cosa occorre?
1. modello di delibera accertamento da parte degli amministratori di una delle cause di scioglimento previste dall’art. 2484 c.c., dai numeri 1 a 5 del primo comma
2. convocazione dell’assemblea dei soci
3. modello di deliberazione dell’assemblea dei soci, che prende atto della causa di scioglimento e nomina il/i liquidatore/i
4. modello di approvazione Bilancio finale di liquidazione e istanza di cancellazione dal Registro Imprese.

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